Andrea D’Emilio: il regista di Dodo e la Principessa ci parla della sua carriera e dell’esperienza sul set con lo strepitoso Alvaro Vitali
In questa intervista con BACKdigit il regista Andrea D’Emilio ci ha raccontato il set della sua recente commedia Dodo e la Principessa con il talentuoso Alvaro Vitali, interprete della sua ultima pellicola cinematografica. D’Emilio ci ha parlato anche della sua personale visione del cinema, sospesa tra l’onirico, il “popolare” e l’autoriale, i suoi inizi, i suoi gusti in fatto di regia e i suoi prossimi progetti. In particolare del remake dell’horror movie Ancora un altro Inferno di Claudio Fragasso che comincerà presto a girare in co-regia proprio con Fragasso…
Intervista a Andrea D’Emilio

Nel mondo del cinema hai fatto un po’ di tutto, dal montaggio alla musica alla sceneggiatura, una gavetta importante e completa. Diresti che queste esperienze rappresentino un punto di forza della tua regia?
Ho fatto una gavetta ed ho affrontato più lavori inerenti al cinema. Mi sono specializzato nel montaggio quindi sono diventato aiuto montatore, assistente montatore, montatore capo reparto…Ho montato i miei film e tanti film negli anni. Ma ho fatto anche molte altre cose come il fonico di presa diretta, l’assistente operatore del reparto fotografia in post produzione, l’aiuto regista, cercando ogni volta di carpire i segreti di ogni mestiere inerente al cinema. Ho voluto esplorare ogni argomento e mai in maniera superficiale. Questo mi ha dato una visione più ampia di quello che è il meccanismo cinema e set spero mi abbia arricchito in maniera tale che io possa manovrare ed essere consapevole di ogni elemento che compone un film. So che spetta allo spettatore dare un parere ma sicuramente ritengo di avere una visione un pochino più globale del tutto.
Andrea D’Emilio
Il cinema, una grande passione

Come ti sei avvicinato al cinema, cosa ti ha portato verso questa passione?
Decido di fare cinema a 12, 13 anni quando mi regalano la mia prima telecamera, comincio a girare i primi cortometraggi con gli amici e percepisco una vibrazione. Mi piace veramente fare questa cosa. Scopro che c’e una scuola di cinema, un liceo che posso frequentare, l’Istituto cine tv Rossellini anche se non hanno un corso di regia e la cosa più vicina a ciò era il corso di montaggio. Così mi diplomo in montaggio.
Appena uscito da scuola inizio a lavorare. Conosco Gabriele Albanesi con il quale siamo rimasti amici, giriamo un film di culto, Il Bosco Fuori, che è il mio primo lavoro come aiuto regista. Grande soddisfazione. Oltre al percorso professionale che ti porta ad appassionarti al fare cinema c’e il discorso cinefilo di studio ed ossessione cinefila. Sei sempre alla ricerca del film, del regista nascosto, di quel qualcosa che ti può dare una determinata cinematografia può fornirti. La “droga” cinefila alimenta la passione lavorativa nel cinema.
Andrea D’Emilio
Dodo e la Principessa al Giffoni Film Festival
Dodo e la Principessa è stato presentato lo scorso 25 luglio al Giffoni Film Festival. Quali sono state le reazioni del pubblico e quali le tue emozioni nel vedere un tuo film ad un festival come il Giffoni che negli anni ha assunto sempre più importanza?
Il Giffoni è riuscito a raggiungere risultati straordinari di respiro internazionale pur dedicando l’intera rassegna al pubblico giovanile. Presentare li Dodo e la Principessa è stato un onore perché sappiamo bene quale sia l’ampiezza internazionale di questo Festival, della sua struttura e della sua mission. La reazione del pubblico è stata divertita.
Come prima proiezione pubblica forse ho capito che questo non è solo un film divertente, ma che ha anche corde un pochino malinconiche che il pubblico adulto ha colto. Una sorta di comicità amara. In fondo Dodo e il suo compare Lello realizzano il sogno di incontrare la principessa che viene a Roma in vacanza, ma lo fanno nella pochezza della loro vita. Un sogno che si realizza nell’ambiente dei bassifondi, per cosi dire. Nel film è esplicitato ed io li inquadro in un determinato quartiere di periferia. E’ un lato malinconico leggermente amaro, sardonico. Credo che al Giffoni il pubblico adulto per via della sua maturità abbia scoperto il lato del sorriso amaro. Il pubblico giovanile invece ha riso delle cose più buffe e goffe di Dodo e delle varie situazioni del film.
La presenza di Alvaro Vitali nella sua ultima commedia

Nel film c’è la prestigiosa presenza di Alvaro Vitali nell’ultima commedia che abbia mai interpretato. Un qualcosa che ti sei ritrovato in mano senza saperlo che già di per se assume un forte significato, sia nella tua biografia che per il pubblico. Cosa ti ha portato a volere Vitali nella tua pellicola, oltre al suo indubbio talento ovviamente. Perché proprio lui per quel ruolo?
Siamo stati onorati di avere Alvaro Vitali nell’ultima apparizione cinematografica della sua vita. Sappiamo bene che a livello di serie lui è presente nella nuova stagione di “Vita da Carlo” (n.d.r. serie tv di Carlo Verdone) ma credo che a livello di film al cinema quella in Dodo e la Principessa sia stata la sua ultima apparizione.
Con lui ho instaurato un rapporto splendido. Io l’avevo conosciuto soltanto in contesti privati e non avevo mai lavorato con lui. Lavorarci è stata un’esperienza di grande insegnamento. Ho apprezzato il suo modo di recitare assolutamente straordinario. Lui vive di luce propria entrando in scena, riesce in qualche modo a far brillare una scena con un’energia che è tutta sua.
Il valore dell’improvvisazione
Ad un certo punto durante le riprese della pellicola ho cominciato a cavalcare questa luce che lui emanava, molto forte e che si prestava bene ad improvvisare. Così ho deciso di distruggere il copione e ricostruirlo grazie a questa energia, ogni volta ricostruendo e improvvisando completamente le battute. Quasi il 60-70 percento delle scene di Alvaro sono completamente improvvisate. Poi giocavamo a rimpallarci, ma anche con il suo compagno di scena che è Giovanni Galati e che ci ha seguiti perfettamente. Giocavamo ad inventare continuamente durante il ciak stesso. E’ stata un’esperienza importante di improvvisazione che in qualche modo ha variato la trama. Ovviamente io mi ero premunito in modo che tutto ciò che andava a cambiare il plot non lo avessi ancora girato, questo a livello di piano di lavorazione. Cavalcando l’onda di Alvaro siamo riusciti veramente a tirare fuori cose molto più brillanti di quelle che c’erano in sceneggiatura.
Il grande atto creativo di Alvaro Vitali nel film
E’ stata una prova di grande atto creativo, che capita quando trovi il focus dell’improvvisazione con l’attore che lo sa fare e Alvaro aveva questa capacità perfetta di stare in scena e di annullarsi come personalità e inventarsi completamente. Era pura macchina creativa all’interno dell’inquadratura. Questo, l’ho capito, era l’enorme mestiere costruito con il suo percorso di vita fatto di centinaia di film. Esperienza e capacità di stare sempre oltre la base scenica, di andare nell’imprevedibile, nell’assurdo con la sua bravura. Alvaro Vitali era un “uomo macchina set”, era pura creatività. E’ stato molto divertente lavorare con lui.
Tornando alla domanda, l’ho scelto perché sapevo che Alvaro Vitali poteva regalare un lato popolare, più per tutti, alla comicità di alcune parti del film. Dodo e la Principessa sta in un gioco di equilibri, tra una comicità un pochino più raffinata alla Monty Pyton, Peter Sellers, e più popolare, terra terra, più sporca, più sulla battuta. Quell’impianto popolare della comicità che aveva anche Alvaro Vitali.
Sapevo che lui poteva darmi quest’altra funzione comunicativa. Volevo equilibrare le due anime del film: quella più autoriale e quella più popolare e mi sembra di essere riuscito a trovare questo equilibrio, questa entità. Un’entità popolare che non voglio rinnegare perché il cinema ha origini popolari, da spettacolo circense con i Nickelodeon… Ma può avere anche un’anima autoriale dove possiamo esprimere qualche nostra idea, una tematica interiore, voler riflettere su qualcosa della vita. Vedere Alvaro Vitali recitare sul set è stata una cosa grandiosa, un attore che ha fatto tante commedie all’italiana e che ha recitato anche con Federico Fellini.
Alvaro Vitali: una “macchina cinema”

Cosa ti ha colpito di più del suo modo di stare in scena e cosa quanto pensi abbia portato al film in termini artistici?
Alvaro trasudava cinema, emanava cinema. Io gli facevo sempre tante domande, volevo sapere tante cose. Lui ovviamente era sempre orgoglioso del suo percorso da Pierino ma era anche molto orgoglioso, e ci teneva tanto a sottolinearmele, delle sue apparizioni con Fellini. Con lui mi sembra abbia fatto due film, Roma e Amarcord, e poi Che? di Polansky, un film meraviglioso. Un capolavoro dove lui faceva un piccolo ruolo. Era orgoglioso anche di aver fatto questi film autoritari di due grandissimi autori del cinema.
Io rubavo con gli occhi e con le orecchie da lui. Come ti ho detto era una “macchina cinema” una sorta di folletto che messo in scena si scatenava, forse neanche tanto consapevolmente, inventava e tirava fuori energie. Per energie intendo battute, dinamiche di scena, invenzioni. Era impressionante, potevi dare motore azione e farlo scatenare. Ovviamente a me piace avere con gli interpreti un rapporto estremamente profondo e diretto. Io sono sempre alla guida, sono il loro direzionatore. Farlo con Alvaro, stare li e guidare le intenzioni di scena, il senso narrativo, le espressioni, significava scatenarlo ancora di più. Lo facevi esplodere di creatività. Grazie a quegli atti di improvvisazione totale io ho felicemente buttato la sceneggiatura di quelle scene nel cestino e le ho riscritte. Più gli davi gli input più lo sollecitavo e più lui inventava cose. Sono stati momenti meravigliosi di gioia creativa.
Il protagonista di Dodo e la Principessa Alessandro Lazzerini

Dodo e la Principessa vede come protagonista l’esordiente Alessandro Lazzerini. Quale è stato il vostro rapporto sul set?
Diciamo un quasi esordiente perché comunque Alessandro aveva già fatto altre piccole cose prima di questo film. Abbiamo avuto un rapporto splendido perché fondamentalmente, come dicevo prima, costruire il mondo di Dodo è andato di pari passo con l’inventare il personaggio Dodo e lavorare sull’attore Dodo cioè Alessandro Lazzerini. Quindi in qualche modo ci è servito giocare su vari elementi con lui, sull’attorialità, sui movimenti, sul tono, sulla dinamica di scena. Io credo che lui si sia molto divertito nel farlo.
Ovviamente si è trattato di un divertimento serio perché comunque si tratta sempre di un lavoro, giocando a fare Dodo. Anche perché io l’ho lasciato nei limiti della sceneggiatura e nella costruzione, nella dinamica di sceneggiatura ma anche lui l’ho stimolato molto ad improvvisare ed inventare. Gli ho lasciato quel pizzico di libertà per riuscire a trovare anche per lui dei pertugi, degli spazi dove poi intervenire ed inventare, proporre qualcosa di sorprendente che poteva arricchire la scena.
Ha avuto un atteggiamento molto attivo sul set. Non è stato un Dodo semplicemente messo in scena. Ha vissuto la recitazione in profondità tanto che poi Dodo gli si è cucito addosso. Qualunque cosa avvenisse dentro di lui rispecchiava perfettamente il personaggio. Anche con lui, e chiaramente non lo paragono al lavoro con Vitali, ma si è trattato di un gioco serio ma molto divertente. Abbia avuto soddisfazioni anche dal punto di vista espressivo.Credo che lui sia riuscito ad esprimersi pienamente.
Andrea D’Emilio
Le special guest del film

Oltre al cast hai avuto delle special guest, ad esempio Enzo Salvi e Massimiliano Buzzanca. Come li hai coinvolti, sono tuoi amici?
Enzo Salvi non lo conoscevo ma è stata un’esperienza ottima. Ho avuto un bellissimo rapporto e lui credo abbia apprezzato molto la mia capacitati di mettere a proprio agio gli attori e di costruire con calma le scene con loro.
Con la dinamica giusta, con la costruzione del senso giusta di ogni elemento, in questo caso comico, essendo un film comico. Massimiliano è un amico ed avevo già lavorato con lui. Ma mi ha piacevolmente sorpreso in questo film. E’ riuscito a venire sul set con un’imprevedibilità ancora più originale e più divertente di quanto io immaginassi. Mi ha spiazzato in maniera piacevole e sorprendente. Devo dire che è stato un set molto armonico. Tutti hanno lavorato con il sorriso serio, mettendo in scena dinamiche giuste per riuscire a fare un buon lavoro.
Andrea D’Emilio e il cinema d’autore
Dodo e la Principessa è un film diverso dal tuo precedente lavoro, pur avendo mantenuto il tuo stile di regista visionario ma contemporaneo e versatile. Come mai?
Finora io ho diretto tre film, La scelta giusta che è un thriller metafisico, Il Dolore nascosto, un film drammatico con delle strane venature pulp horror molto sottili. Un esperimento molto autoriale se cosi vogliamo dire. In qualche modo mi rappresentava in maniera più individuale.
Con Dodo ho voluto sperimentare. Uno dei sali di questo mestiere è giocare, divertirsi coi generi ed esplorare varie dimensioni. Indossare varie maschere, anche da regista.
Andrea D’Emilio
La maschera del regista
Anche il regista e in qualche modo non solo l’attore indossa varie maschere e approfondisce vari aspetti e vari mondi. Dodo mo ha dato l’opportunità di ricreare un modo surreale e sopra le righe che mi affascinava molto in fase di scrittura. La sceneggiatura era stata scritta da Natasha Farruggia e Martina Palladini quando l’ho letta ho chiesto di intervenire ma in modo non tanto invadente, leggero. In qualche modo sono riuscito a entrare nel mondo di Dodo e a costruirmi un ambiente di fantasia che rispetto ai miei primi film più seriosi e più drammatici mi ha portato verso qualcosa di più spensierato.
Andrea D’Emilio

Non del tutto perché, come ti dicevo prima, c’è una leggera venatura amara. Io ho spinto molto sul surreale creando l’universo di Dodo poi ho cercato di esasperare le possibilità del surreale nella realtà. Quindi creare sempre contraddizioni. Dico questo e non anticipo altro per chi vedrà il film. Ma ho messo in scena diverse situazioni in cui la realtà viene sempre spiazzata come se fossimo in un film esplicitamente. Questa è un po’ una mia piccola teoria autoriale sul film. Perché Dodo è circondato da un mondo assurdo, lui è un personaggio assurdo ma lo è altrettanto l’ambientazione che lo circonda. Quindi perché non elaborarlo in chiave altrettanto assurda, paradossale e contraddittoria? Addirittura ad un certo punto siamo nel metacinema ad un certo punto del film, quindi ci sono vari punti di spiazzamento e di sorpresa.
Andrea D’Emilio
ll prossimo film di Andrea D’Emilio

Quali saranno i tuoi film in futuro e a cosa stai lavorando in questo periodo?
Sto lavorando a Ancora un altro Inferno, il remake di un film di Claudio Fragasso del 1981. Un horror in co-regia con Fragasso stesso che io considero il mio maestro assoluto. E’ la persona dalla quale ho imparato di più e da cui continuo ad imparare perché è una fucina di insegnamenti. Quindi io proprio lo ascolto al cento per cento ogni giorno.
Questo è un film horror ambientato in un convento museo dove avvengono fatti strani. Due preti vengono mandati ad indagare. Uno dal punto di vita religioso un padre esorcista legato al dogma della chiesa. Un altro chiamiamolo un prete laico che si affida alla scienza per confutare casi di ossessione demoniaca. Queste due anime, conflittuali, porteranno ad indagini dall’esito tragico ed orrorifico. Un film proprio horror non autoriale, ma con dinamiche da film di genere divertente, appassionato, misterioso. La partenza delle riprese è prevista per la fine di agosto. Sara un’esperienza straordinaria.
Andrea D’Emilio
I suoi registi preferiti
Qual’è il tuo regista favorito, uno al quale ti rifai particolarmente?
Stanley Kubrick. Può sembrare banale perché è il preferito da una grossa percentuale di cinefili, spettatori e registi. lo dico lui perché secondo me individuo nell’ottica di Kubrick quello che piace fare a me. Ma me ne piacciono anche tanti altri come David Lynch, Martin Scorsese Roman Polanski, Akira Kurosawa, Ingmar Bergman, Fellini, Rossellini…
Ma credo che Kubrick sia riuscito in un elemento specifico. Come dicevo prima unire le due anime, l’anima circense da Nickelodeon, da spettacolo popolare e l’anima autoriale del cinema.
Il cinema che ad un certo punto si trasforma e diventa uno strumento espressivo, un’arte dove esiste un autore che esprime la sua visione del mondo. Credo che Kubrick sia stato il principe, il re di questa capacità. Anche gli altri lo hanno fatto ma lui lo ha fatto in maniera ideale riassumendo queste due anime. Fare spettacolo ma riflettere con grande profondità e grande conoscenze filosofiche, esoteriche, spirituali e psicologiche sul senso della vita. Già dai primi film, Paura e desiderio fino all’ultimo in quei dodici film fa una riflessione di grande profondità sulla vita. La sua filmografia ci racconta un pezzo di riflessione di via del Novecento e al tempo stesso ha fatto un grande cinema dal punto di vista tecnico, teorico, fotografico, cnematico. Per riassumere ritengo che in quel senso sia stato il migliore.
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