Enrico Melozzi, violoncellista, compositore e direttore d’orchestra è uno dei talenti musicali contemporanei più apprezzati degli ultimi tempi.
Formatosi grazie a studi classici, il bravissimo musicista originario di Teramo ha poi affinato le sue conoscenze grazie alla musica pop, al rock, all’elettronica e non soltanto. Ha scritto opere liriche, opere sacre, colonne sonore per film e spettacoli teatrali. Nel mondo del cinema il Maestro Melozzi, che si è avvicinato al pianoforte quando aveva soltanto otto anni, ha riscosso grandi consensi aggiudicandosi prestigiosi premi come il Nastro d’Argento, il Best Foreign Language Award del New York Short Film Festival, una menzione speciale all’Olympia Film Festival, il premio al BAFF…
Insieme al collega Giovanni Sollima, Enrico ha fondato l’orchestra 100Cellos con la quale ha ottenuto un inaspettato successo ed ha recentemente diretto lo straordinario Gala delle Fisarmoniche riscuotendo enormi consensi.
Tantissime le sue riuscitissime iniziative musicali, tra le quali La Notte dei Serpenti nel 2023, un evento di musica popolare abruzzese in chiave pop-rock che su RaiUno ha fatto registrare il 10,5% di share. Ma anche l’Orchestra Notturna Clandestina, tanti album in studio da solista e come arrangiatore, produttore, compositore di teatro, televisione, cinema…
Impeccabile anche il suo percorso al Festival di Sanremo, dove Enrico Melozzi è approdato dal 2012 e dove ha accompagnato alcuni dei più ammirati acts nostrani, primi fra tutti i Maneskin, ma anche tra gli altri Achille Lauro, Pinguini Tattici Nucleari, Mr Rain, Gianluca Grignani, Giusy Ferreri…
Il Maestro Enrico Melozzi ha parlato con backDIGIT.com della sua brillante carriera in attesa di apparire di nuovo sul palcoscenico sanremese del Teatro Ariston…
Intervista a Enrico Melozzi
Ti sei formato attraverso studi classici con il diploma di violoncello e di composizione però sei anche molto attivo nell’ambito della musica contemporanea. Quanto è stata importante la tua formazione classica per le tue successive realizzazioni professionali?
“Credo che la mia formazione classica, ma soprattutto la mia passione per la musica classica, per gli archetipi della bellezza riconosciuta universalmente come musica di alto livello, sia stata importantissima. Poi a dirti la verità i miei maestri non è che fossero molto felici che io mi dedicassi alla musica leggera, al rap e al rock… Ma io l’ho sempre fatto perché l’istinto mi diceva quello, perché mi andava di farlo. Cosa che mi ha conferito quel valore aggiunto che non tutti hanno. Vedo che molti miei colleghi classici “puri” quando si tratta di accostarsi alla musica leggera e rock sono veramente improponibili, perché quello è un linguaggio completamente diverso. Per me è stato più facile conoscere il linguaggio della musica leggera e portarlo nella musica classica che viceversa”.
La passione per il cinema
Hai avuto un grande successo come compositore di colonne sonore per le quali hai ricevuto premi importanti. La passione per il cinema l’avevi già prima di quella per la musica oppure ti hanno proposto un soundtrack e allora ti sei avvicinato al cinema? Inoltre un film lo devi vedere e lo devi amare prima di realizzarci la colonna sonora?
“La passione per la musica per film è nata insieme alla mia passione per la musica a 360 gradi. La mia caratteristica forse è stata quella di non essere uno facilmente inquadrabile dal punto di vista musicale. Voglio dire che molti pensano: se suoni il violoncello, allora suoni soltanto il violoncello e ascolti solo musica classica. Oppure: se suoni la chitarra elettrica quindi ascolti soltanto Jimi Hendrix. Io invece ho sempre fatto ascolti a 360 gradi, mi appassionavo profondamente a tutti i linguaggi. Da Jovanotti, ai Platters degli anni 60 alla bossanova, la musica per film di Ennio Morricone, Bernard Herrmann. Mi sono appassionato a questi musicisti qualsiasi genere rappresentassero. Non ho mai fatto distinzioni di genere e quella è stata la mia fortuna perché poi, anche nei momenti pesanti come quello della pandemia, mi sono ritrovato lo stesso a lavorare tanto”.
Melozzi ispirato autore di colonne sonore
“Man mano che studiavo musica ho conosciuto generi diversi. Trascrivevo qualsiasi cosa, approfondivo qualsiasi linguaggio. Ho frequentato per tanti anni il Centro Sperimentale di Cinematografia, anche come “abusivo”. I primi quattro cinque anni ero proprio un “abusivo” totale. Loro pensavano che io fossi uno studente ma io in realtà non ero iscritto. Poi con il tempo hanno aperto un master, mi sono iscritto e sono finalmente diventato legale. Fondamentalmente ho sempre cercato io il cinema frequentando i registi e proponendomi per film di qualsiasi genere. Quello che mi capitava facevo, di tutto. Ovvio che salendo di livello le cose cambiano. Oggi per esempio, per certi film non lavoro. Ma fino a qualche anno fa ho fatto tutto quello che mi capitava e non è nemmeno scontato che te lo chiedano perché si tratta di un mercato non molto facile. Sono stato fortunato. Ho sempre incontrato registi molto in gamba. Sono affinità elettive, in qualche modo ci si ritrova. Ho fatto tante belle esperienze. Il cinema mi piace molto e spero di lavorare sempre in questo ambito. Anche se è molto dura, è una delle occasioni dove puoi fare tanta sperimentazione e al tempo stesso venire a contatto con un grande pubblico”.
La “sorpresa” del successo dei 100Cellos
Tu sei a capo di progetti musicali originalissimi, in particolare i 100Cellos con Giovanni Sollima. Come ti è venuto in mente questo progetto e quale è stata l’accoglienza?
“In effetti si’, questo è un progetto molto rivoluzionario anche se quando io e Sollima lo abbiamo inventato non è che ci sembrasse tutta questa cosa. Per noi era una cosa abbastanza normale ma ci siamo dovuti ricredere quando abbiamo visto l’allestimento, la realizzazione ma soprattutto il pubblico che era piacevolmente sconvolto. Tutti piangevano, ridevano, si era creata un’alchimia allucinante, incredibile. Una bellezza tale che non ci siano nemmeno resi conto di quello che andavamo a fare. Per noi era semplicemente un grande cello ensemble. Ovvero invece di fare un quartetto o un ottetto di cello ne abbiamo messi di mezzo cento. Semplicemente abbiamo moltiplicato ma non avevamo pensato a quello che sarebbe diventato un progetto internazionale che può andare avanti per anni. Di fatto la vera forza di 100Cellos è che non è fatto soltanto da professionisti ma anche da gente che non è professionista. Da chi aveva lasciato il violoncello e lo ha ripreso in tarda età, da bambini, da tante umanità diverse. Sono proprio quelle emozioni che loro ci mettono dentro che passano al pubblico attraverso la musica. Con tutte le loro inesattezze, le imperfezioni, le insicurezze, si trasformano in un’energia così forte che la gente si emoziona. E’ diventato un progetto amato da tutti quanti. Non ci saremmo mai aspettati di andare a Tokyo, a Dubai, a Budapest in tutti i teatri più grandi teatri d’Italia. Oppure a Madrid con 80.000 persone davanti, non ci eravamo mai neppure sognati una cosa del genere, incredibile”.
Il periodo elettronico
Ami anche la musica elettronica ed hai creato Lisma project con il dj Stefano De Angelis nel 2004. Com è stata questa esperienza ed hai intenzione in futuro di ritornare alla musica elettronica?
“Quello è stato un progetto di grandissima sperimentazione. In quegli anni ho imparato ad usare i software, i programmi di editing musicale, di elettronica, cosa che mi porto tuttora a bagaglio e utilizzo sempre. Anche se oggi non utilizzo più il linguaggio elettronico puro, utilizzo molto di quel mondo nell’editing, in tutti i progetti, nel mixing. E’ stato un periodo di grande studio e scoperte. All’epoca la mia musica era molto più libera, sperimentale, estrema. Oggi è meno sperimentale, diciamo più mainstream per certi versi, anche se comunque faccio ancora opere liriche, sinfoniche. Stiamo parlando comunque di musica sofisticata e di nicchia. Ma quello dell’elettronica è stato un periodo molto bello.
Comunque, come diceva Franco Califano, non escludo il ritorno. Tra l’altro l’elettronica l’ho usata recentemente quando ho fatto la musica per il film Space Monkeys. Era il periodo di pandemia in cui non potevo utilizzare l’orchestra quindi ho usato solo l’elettronica abbastanza spinta, sperimentale. Quando posso lo faccio. Per me l’elettronica, la musica classica, la musica lirica, rock sono tutti colori sulla mia tavolozza da pittore. Quando voglio uso un colore o un altro. Il pittore è sempre lo stesso. Cambiano i colori ma fondamentalmente la musica è quella”.
L’esperienza con il rock progressive
Parliamo di rock progressive, forse il primo stile di rock che negli anni ’70, con il nome di rock sinfonico, ha unito il rock più “popolare” con la musica classica. A te piace questo genere?
“Il rock progressive è uno stile di música che mi ha sempre affascinato ed ho avuto anche la fortuna di collaborare due o tre volte con la PFM, sia con i 100Cellos che a Sanremo. E’ un genere che conosco, dove mi conoscono e mi rispettano ed io rispetto loro. E’ un mondo bellissimo di altissimo livello tecnico. Ma proviamo a tornare indietro al periodo del barocco, dove il termine rock guarda caso e già contenuto. Pensiamo a Vivaldi, facendo le dovute proporzioni di costume. All’epoca la musica che si faceva era molto più vicina al rock di tanti gruppi rock di oggi. Si scriveva in una maniera molto semplice, si suonava in modo rigoroso. L’effetto sul pubblico era simile e quindi con il rock oggi ci siamo inventati ben poco. Gia nell’Italia del 600-700 c’erano musicisti che si dipingevano il volto di nero come Vivaldi. O persone che svenivano ai concerti o si accoltellavano, ai concerti c’era di tutto. Questa musica potente, ritmata e ossessiva era molto simile alla tribalità del rock. Se il rock non lo pensi soltanto come gli accordi di chitarra elettrica ma se lo intendi come una ritualità tribale, esiste già da molto prima dell’invenzione della chitarra elettrica”.
Il Maestro Melozzi dirige al Festival di Sanremo
Ecco l’immancabile domanda sul Festival di Sanremo. Che effetto ti fa un ruolo istituzionale come quello del direttore d’orchestra a Sanremo? Quest’anno parteciperai ancora al Festival?
“L’esperienza al Festival di Sanremo è molto bella ed è una cosa che ho sempre voluto fare. Sono riuscito a farlo per coincidenza, per il destino, non saprei. Innanzitutto mi piaceva il fatto che a Sanremo prima dell’esibizione venisse annunciato il tuo nome e cognome, che neanche alla Scala lo fanno. Chi dirige l’orchestra in tutto il mondo, non viene presentato così, non si da tutto quel risalto al direttore d’orchestra. Poi al Festival c’è la parte di orchestra rock, la parte elettronica, sinfonica… La musica viene sdoganata a livello popolare ed è ottimo per fare sperimentazione di fronte ad una grandissima massa. E’ un posto prezioso per studiare ed imparare. Questo è il mio ottavo anno li. Ho iniziato nel 2012 ma non sono andato tutti gli anni. Dal 2019 l’ho sempre fatto tutti gli anni e devo dire che è stata la mia fortuna per certi versi. Soprattutto quando mi sono unito con grandi gruppi che hanno fatto grandi successi. Principalmente con i Maneskin ma anche con tanti altri. Penso a Mr Rain, Pinguini Tattici Nucleari, Achille Lauro che non ha vinto ma ha avuto un successo commerciale enorme. Tutto questo mi ha dato modo di riflettere riguardo come le masse percepiscano la musica e dove poter spingere la mia musica più classica, più colta e più difficile per farla arrivare alle grandi masse. Per me è stata una scuola importante. Ci tornerò anche quest’anno per l’ottava volta”.
La collaborazione con Il Volo
Per Il Volo hai arrangiato il brano Grande Amore ma anche la canzone di Natale Happy Xmas (War Is Over). Com è nata questa collaborazione ed avete intenzione di continuarla?
“E’ nata dall’incontro con Gianluca Ginoble, che è un mio conterraneo. Ne sono venute fuori delle belle situazioni, credo di aver dato veramente molto a questo progetto. Ho fatto anche alcune cose di cui la gente non sa. Tipo la direzione orchestrale di alcuni brani che Il Volo esegue dal vivo, le incisioni delle basi di alcuni loro pezzi. Ma anche gli arrangiamenti di altri brani di cover che hanno avuto molto successo come un pezzo di Elton John che canta Ginoble. Questo oltre ai loro pezzi pubblicati che ho prodotto, curato… Li ho avuti ospiti anche a La Notte della Taranta. Con loro ho lavorato benissimo ma non decido io. Io faccio tutto quello che mi propongono e che ritengo bello. Quindi se loro vorranno nuovamente collaborare con me, io sono a disposizione come sempre”.
Enrico Melozzi Direttore d’orchestra al “Gala delle 100 Fisarmoniche”
Lo scorso 7 ottobre hai partecipato come Direttore d’Orchestra ad un evento straordinario, il Gala delle 100 Fisarmoniche. Come sei stato coinvolto?
“Questo progetto in realtà era stato fatto già un paio di anni fa a Macerata. La direttrice artistica Barbara Minghetti e il sovrintendente dell’Associazione Arena Sferisterio di Macerata Luciano Messi sono dei miei estimatori. Quasi ogni anno io venivo invitato allo Sferisterio di Macerata a fare un concerto. Quell’anno avevano proposto il progetto delle 100 fisarmoniche dopo che due anni prima c’era stato quello dei 100Cellos. Quindi loro dissero: si’ sarebbe bellissimo ma se viene Melozzi a dirigere altrimenti la vediamo dura. Infatti mi invitarono e fu un grande successo. Poi è stato riproposto al Conservatorio di Santa Cecilia ed è stato un bellissimo concerto, molto interessante, profondo. La fisarmonica è uno strumento stupendo, che spesso viene ritenuto ingiustamente strumento di serie B maltrattato e bistrattato dall’opinione pubblica. E’ invece uno strumento pazzesco e quando ne metti insieme 100 e oltre 100 ti accorgi della sua meraviglia e della sua potenza espressiva”.
La potenza espressiva della fisarmonica
“Con questo strumento tutti insieme abbiamo creato delle tonalità meravigliose. Sembrava di stare dentro ad un organo a canne nella Cattedrale di Parigi. Proprio una potenza enorme e poi la bellezza di suonare con questo strumento quello che la gente non si aspetta. Magari si aspettano qualcosa tipo la mazurca di periferia di Casadei, invece no. Piuttosto abbiamo suonato Mozart, musica classica, trascrizione di brani celebri di musica classica proprio per ensemble, per il gruppo delle fisarmoniche. Cose tipo il Bolero di Ravel che non ti saresti aspettato creando un fascino incredibile nei confronti del pubblico che è letteralmente impazzito. Il progetto originariamente è stato immaginato dalla Pigini, ditta di Castelfidardo (AN) di altissimo livello che costruisce fisarmoniche. Il tutto insieme anche a Massimiliano Pitocco, grande fisarmonicista abruzzese. Mi auguro che questo progetto possa andare avanti nonostante tutte le difficoltà a cui si va incontro quando uno mette in piedi una cosa del genere. Avere tutta quella gente sul palco non è proprio facilissimo. Però a me questo progetto piace moltissimo”.