Stazione Getsemani XXV: gli Odessa band italiana tornano con un nuovo album!
A distanza di due anni dal precedente “L’Alba della Civiltà” (LizardRecords 2022)” il progetto Pesarese degli Odessa pubblica un nuovo album che è, di fatto, un remake dell’album di esordio Stazione Getsemani del 1999 il quale è stato rivisitato dalla formazione attuale.Il titolo di quest’opera è Stazione Getsemani XXV. La band ha presentato questo album nel corso della scorsa edizione del festival “2 DaysProg + One” di Revislate (Veruno) riscuotendo un grande successo di consensi e di vendite. Questo gruppo musicale è composto da musicisti professionisti che sono spesso impegnati su altri fronti e a causa di questo aspetto ha avuto un’attività discografica piuttosto discontinua, ma leggendo la loro bio non si possono non notare gli importantissimi eventi live e festival ai quali questi talentuosi artisti hanno meritatamente partecipato nel corso della loro attività.
Backdigit ha scambiato quattro chiacchiere con il vocalist e tastierista Lorenzo Giovagnoli che è presente fin dagli esordi del progetto. Ne è nata l’intervista che segue.
Articolo a cura di Diego Banchero
Ciao Lorenzo. Stazione Getsemani XXV è una riformulazione del vostro disco di esordio. Che emozioni vi ha dato rimettere mano al vecchio materiale? Nel frattempo immagino che siate maturati anche come musicisti. E’ stato difficile rivestire gli abiti di un’epoca lontana della vostra vita artistica?
Ciao Diego; alcuni brani abbiamo continuato a suonarli, anche modificandone a volte arrangiamento o intenzione nel corso degli anni. Quindi portarli in studio è stato abbastanza naturale e conseguente. Ci sono invece composizioni che questa formazione, che esiste dal 2002, non aveva mai suonato dal vivo, come Orizzonte Anima e La Sfera. In questo caso l’approccio è stato quello di portare in studio il sound attuale del gruppo, lo stile dei suoi musicisti, rispettando i brani nei loro passaggi più iconici.
Personalmente, nel mettere di nuovo mano alle intelaiature, alle tracce di accompagnamento e ai soli, mi sono trovato più volte a ripercorrere un viaggio nel passato, a ricordare come sono nate certe idee, nel contesto musicale in cui ero immerso ormai più di venticinque anni fa. Anche dal punto di vista vocale è stata una bella sfida confrontarmi con il me stesso di allora; Stazione Getsemani ha un cantato piuttosto estremo e allo stesso tempo istintivo, fresco. Da allora, oltre ai fisiologici cambiamenti che interessano un organo vivo e incarnato come la voce, ci sono state tantissime esperienze formative e professionali, e la mia sfida è stata quella di avere un approccio maturo senza però rinunciare all’energia istintiva che caratterizza quel lavoro.
Sappiamo che Marina Montobbio è stata molto importante per questa uscita. Come avete raggiunto la consapevolezza che fosse giunto il momento di uscire con questo progetto discografico?
L’idea è stata adottata ad aprile di quest’anno considerando una serie di fattori tra i quali Marina è stata senz’altro quello propulsivo. Lei mi ha sentito spesso, negli anni, lamentarmi di certe ingenuità e debolezze riguardo la produzione di Stazione Getsemani. Soprattutto queste riguardavano la voce, che stava risentendo di una severa forma di allergia, la quale mi costrinse a lasciare alcune tracce con la prima take senza la possibilità di ricantarle.
Avendo grande stima del lavoro, mi ha più volte proposto di reinciderlo, dichiarandosi disposta a sostenere il progetto. E’ capitato poi che quest’anno, in vista della partecipazione al Veruno Prog Festival, volessimo portare tutta la discografia al completo. Purtroppo ci sono pochissime copie di Stazione Getsemani circolanti (su Amazon è arrivato a prezzi a tre cifre) e noi non disponiamo della proprietà del Master per poter ristamparne. E così ho finalmente accettato la proposta di Marina
Come vi siete mossi per realizzare il disco? In che modo avete preparato ed elaborato il materiale e attraverso quali vie realizzato la parte audio?
I tempi per avere il prodotto pronto per Veruno erano abbastanza stretti; eravamo a fine aprile e si sarebbe dovuto consegnare il master alla stamperia per i primi di Luglio. Io ho un piccolo Studio in casa, dove ho prodotto l’Alba della Civiltà (escluso il missaggio). Lì ho fatto le intelaiature di tutti brani, con le tracce di tastiera e i click. Valerio de Angelis (basso) e Gianluca Milanese (flauto) mi rimandavano le loro tracce per mail, mentre Giulio Vampa (chitarra) ha registrato tutte le tracce da me.
Per registrare la batteria di Marco Fabbri ci siamo avvalsi dello studio di Brendan Paolini (già curatore del mix e della masterizzazione de “L’Alba”). Il mix e il master sono stati affidati a Giorgio Brugnone, che fu il fonico del primo Stazione Getsemani. Brugnone, già bassista degli Spirosfera, è peraltro l’ideatore e il mastermind del progetto Caution Fan Area, nel quale ci ha coinvolto per il rifacimento collettivo de “l’Elefante Bianco”con la collaborazione di Patrizio Fariselli e tantissimi altri artisti del mondo Prog e non solo.
Che aspettative avete da questo disco? I tempi, come ben sai, non sono facilissimi per le produzioni musicali, tuttavia so che le vendite stanno andando benissimo e questo successo è pienamente meritato.
Hai ragione, so che hai anche tu un progetto originale e quindi sei ben conscio del periodo storico in cui siamo immersi. Più che di aspettative parlerei di strategie e di coerenza. Da una parte continuare a lavorare con la massima cura e onestà possibile in termini di composizione e produzione. Infatti credo che un disco segni una piccola testimonianza destinata a durare oltre le circostanza e i tempi in cui viene prodotto. Sono convinto che i tempi cambieranno, e con loro le orecchie. Un impegno da tenere anche per l’attività live, ovvero coltivare e sostenere tutti i canali che, con grandi sforzi, permettano di fare musica in contesti dignitosi e adeguati. Dall’altra parte credo che, soprattutto in questi tempi, con queste cose ci si debba divertire, essere leggeri, volitivi.
Corteggiare l’arte, come si dice, lo facciamo soprattutto per piacere, il piacere di comporre la nostra musica, di suonare insieme, di avere un nucleo di persone che stimano quello che fai. Più si suona più ci si affiata, anche il processo creativo si carica di naturalezza. Averne una ricaduta in termini di vendite e successo di pubblico va certamente perseguito, è la manifestazione di un “amore ricambiato”, nella consapevolezza che i tempi sono particolarmente ostili, e quindi ogni piccolo successo va valorizzato e goduto. Stiamo sondando qualche festival e qualche collaborazione che vorremmo consolidare per la prossima stagione, è ancora assolutamente prematuro parlare di qualcosa in concreto.
Avete un background di concerti internazionali molto prestigiosi. Qual è stato l’apice della vostra attività live? C’è uno o più concerti che ricordi con particolare affetto?
Forse il periodo 2003/2010 è stato il momento in cui abbiamo fatto le cose più interessanti. Diversi festival esteri in Francia, Messico, Indonesia, Montecarlo, due concerti con Ian Paice dei Deep Purple…Li ricordo tutti con grande affetto; dovendo sceglierne uno, citerei forse il concerto del 2 maggio 2003 al festival ProgSud di Marsiglia: la nostra primissima apparizione in un festival importante. Vivemmo tutto come un’avventura, una gita. Fummo ricevuti splendidamente dall’organizzazione e soprattutto la nostra esibizione fu accolta con un boato. Dopo il set venimmo richiamati sul palco per degli encores, vendemmo tutti i dischi che avevamo portato. Quella stessa notte, girammo in macchina a parlare fin le 5 del mattino per sbollire l’adrenalina. Fu una grande conferma per noi, la nostra musica, la nostra capacità di tenere il palco.
Vuoi parlarci della formazione attuale degli Odessa? Chi ha partecipato al disco?
E’ sostanzialmente la formazione, salvo alcuni avvicendamenti estemporanei, che è attiva dal 2002, e che ha inciso il secondo album, The Final Day (tranne Gianluca). Sono amici, abbiamo un grande affiatamento e li reputo alcuni tra i migliori musicisti in circolazione. Per quello che riguarda Gianluca Milanese, era già ospite nel primo Stazione Getsemani (bontà di Loris Furlan, che stava producendo anche i suoi Aria Palea e che lo invitò a fare alcuni interventi sul nostro lavoro di esordio). E’ in pianta stabile con la nostra formazione dal 2022, anno di pubblicazione de L’Alba della Civiltà, nonostante le difficoltà logistiche (siamo a 700 km di distanza gli uni dall’altro). La line up è composta da me, Valerio De Angelis (basso), Giulio Vampa (chitarra), Marco Fabbri (batteria) e appunto Gianluca Milanese (flauto traverso)
Uno degli aspetti che mi hanno colpito di questa produzione riguarda l’artwork che è davvero suggestivo. So che avete utilizzato un quadro del pittore Silvano Braido che aveva già realizzato la copertina del primo album. Puoi dirci qualcosa a riguardo?
Sempre per scelta e merito di Loris, Braido ci concesse il suo “Crocifissione” per il volto di “Stazione Getsemani”. Poi lo conobbi per caso, imbattendomi in una sua mostra dalle mie parti, e mi fece un’impressione squisita. Purtroppo recentemente è venuto a mancare, e nell’Alba della Civiltà decidemmo di omaggiarlo con un brano, L’Organista del Bosco, che porta il titolo di un suo suggestivo quadro. Ringraziando per l’intercessione Loris Furlan e Mauro Furlan, la famiglia ha acconsentito a usare un quadro di Silvano con un tema simile, “Indifferenza per la Crocifissione” (molto attuale), per l’edizione del venticinquesimo.
Stazione Getsemani XXV vede il rinnovarsi del sodalizio con Lizard Records. Come vanno le cose con Loris? Pensate che per una band in questo momento storico sia ancora importante appoggiarsi ad una label?
Le cose vanno molto bene, considero Loris un amico, c’è molta stima reciproca e collaborazione anche in sede di composizione, tengo in grande considerazione il suo giudizio e i suoi suggerimenti. Il suo è un approccio puro, lontano da strategie di marketing, ammiccamenti modaioli, compromessi di qualunque tipo.
Per quello che riguarda cosa sia buono fare in questo momento storico, non saprei; le modalità di diffondere la propria musica sembrano aumentate a dismisura, ma proprio per questo esiste un mare magnum di produzioni, tutte con distributore digitale, che lottano per contendersi gli ascolti sulle varie piattaforme, con tariffari inesistenti. Credo che sia più importante oggi focalizzarsi su una comunità di riferimento, una “fan base”, curarne i rapporti, soprattutto per un canale come quello prog. Perché se è vero che si tratta di una comunità piccola è anche vero che le persone che seguono questo genere musicale sono spesso molto motivate, attente, appassionate. Ascoltano i lavori su supporto fisico, vanno ai concerti, hanno una cultura di genere…
Che progetti avete per il futuro? Possiamo aspettarci un impegno più costante o l’occasione di riunirvi sarà sempre subordinata agli altri vostri impegni professionali?
Sto in effetti cercando di tessere alcune collaborazioni per far lavorare di più questo gruppo musicale, sono cautamente ottimista a riguardo.
Vi chiedo, come di consueto, di lasciare eventuali link e contatti web per i nostri lettori che vogliano fare ulteriori ricerche sul vostro conto.
Oggi è possibile visitare:
La nostra pagina FB, odessazone
Il nostro profilo FB Odessahardprogband Odessa
sul canale youtube Lorenzo Giovagnoli
Seguire la pagina su bandcamp, sempre a nome odessazone, dove è possibile acquistare gli album in formato digitale.
Per il disco fisico bisogna rivolgersi alla LizardRecords di Loris Furlan e a Marina Montobbio
Grazie! Diego
Grazie mille a te, un saluto a tutti!
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