Intervista di Diego Banchero ai The Wolf Sings
The Wolf Sings è una band nata nel 2017 per volontà del virtuoso batterista Domenico Palmiotta (già Bad Toys, Machine Messiah, Death SS, Master Stroke, Nocticula, Domine) il quale ha radunato attorno a sé una valida squadra di veterani della scena metal toscana tra cui spiccano i nomi di Alessandro Bardossi (chitarra), Lorenzo Pestelli (basso), Tommaso Campanini (chitarra) e Franco Rossi (voce).
Dopo aver esordito dal vivo poco prima del lockdown, nel 2022 la band pubblica il suo primo album dal titolo Nightfall Mystery che è completamente autoprodotto e che consta di una tracklist composta da alcuni inediti ai quali sono stati aggiunti brani dei Nightfall 1989: progetto che nel 1993 aveva pubblicato un demo dal titolo Kings of Mistery.
Qualche settimana fa il gruppo ha pubblicato un nuovo singolo con la partecipazione, in veste di ospite, della talentuosa singer toscana Silvia Agnoloni (cantante degli Old Bridge).
Backdigit.com è andato a Firenze per scambiare quattro chiacchiere con i ragazzi e ne è uscita l’intervista che segue.
Buona lettura!

Ciao ragazzi tornare in Toscana è sempre un piacere per noi di Backdigit. Come prima domanda vi chiediamo di parlare del vostro stile musicale e delle vostre influenze. Abbiamo piacere di sentire come definite il vostro sound e di come potete descriverlo a chi non vi conosce.
TWS: Il nostro stile musicale è un miscuglio di varie influenze, ovviamente il sound principale si rifà a quel genere di metal degli anni ’80 in cui si possono ritrovare gruppi come Judas, Accept, Saxon e Maiden, Venom, Manowar, etc.. ma certamente ognuno di noi ha portato nella band il proprio background, chi più hard rock, chi più speed metal, cercando sempre di mantenere quel sapore “old school“ che ci piace tanto.
Da cosa deriva la scelta dell’autoproduzione? Pensate di continuare a gestire in toto anche le uscite future, oppure intendete rivolgervi a delle case discografiche con i prossimi album?
TWS: L’autoproduzione del primo disco, e fondamentalmente anche del secondo, è una scelta dettata principalmente dalle esigenze della band: il primo disco è stato un esperimento, eravamo insieme da relativamente poco e avevamo fatto pochi live. Eravamo curiosi di capire come sarebbe stato recepito un album del genere in Italia, e ci siamo trovati a registrare da noi le tracce nel nostro studio, prendendoci tutto il tempo per capire il giusto sound, riarrangiare certi brani in chiave più attuale, capirci l’un l’altro a livello musicale, e credo che Nightfall Mystery ben rappresenti questo percorso esplorativo e di crescita musicale. Di fatto, poi, trovandoci bene a fare le cose da noi, abbiamo preferito continuare a registrare anche il secondo album, in lavorazione proprio adesso, seguendo le stesse modalità del primo, valutando eventualmente di appoggiarci ad un’etichetta solo per la distribuzione.

Come avviene il processo creativo della vostra musica?
Tommaso: Nella maniera più semplice del mondo, credo (ride n.d.r.). Di solito qualcuno porta un riff, che parte un po’ a caso durante il riscaldamento, gli altri si aggiungono, se l’idea funziona si struttura il pezzo. A volte invece c’è un testo pronto e un’idea del tipo di sound, al che si provano varie strade fino a che non si trova quella giusta. Lavoriamo comunque sempre tutti insieme.
Di recente uscita il singolo “Years of Silence” che vede la partecipazione di Silvia Agnoloni. Come sta evolvendo il vostro sound? Il primo album Nightfall Mistery conteneva diversi brani dei Nightfall 1989 che, seppur riarrangiati, erano risalenti al ’93. Le nuove composizioni in quale direzione andranno dal punto di vista artistico?
TWS: In realtà Years of Silence è un brano del precedente album, che con la partecipazione di Silvia avrebbe dovuto essere presente come bonus track all’interno dello stesso, ma a causa di complicanze Silvia non riuscì a registrarlo. Però ci teneva moltissimo, tanto da partecipare live in diverse occasioni come guest, in questo brano. Perciò abbiamo deciso di aggiungerlo come prima bonus track del nuovo album, una promessa mantenuta ad una cara amica.
Detto questo, lo stile del nuovo album è decisamente più moderno, un sound molto più aggressivo e cupo, con riff potenti, veloci, un paio di brani molto lunghi, con strutture variegate.
Che importanza date ai concerti? Vi piace esibirvi? Che tipo di pianificazione pensate di mettere in atto in questo senso nel prossimo futuro?
TWS: Il vero metal si fa dal vivo, non si scappa… Nei live riesci a esprimere tutta la grinta, la passione che ci metti giorno per giorno nel costruire queste piccole realtà musicali, che nel nostro paese sono ahimè molto marginali. Per la promozione del disco nuovo abbiamo intenzione di costruire un percorso di esibizioni che riescano ad uscire dai confini regionali in maniera regolare.
Domenico: Per me, i concerti sono importanti, ma solo quando non si trasformano in un ammasso di gruppi, dove il risultato finale non è più divertente. Il suonare dal vivo dovrebbe essere un piacere, non uno stress. A mio parere, al massimo due gruppi sono l’ideale.
La scena toscana si è per anni mantenuta molto vitale attorno al Circus Club di Scandicci che purtroppo ha chiuso di recente i battenti dopo tanti tentativi di sopravvivere. Com’è la situazione ora dalle vostre parti?
TWS: Lo dicevamo prima, il nostro è un genere un po’ emarginato dai consueti circuiti live, in Toscana c’è pochissimo, nel Fiorentino ancora meno. Qualcosa stanno cercando di fare, nelle zone industriali di Firenze, Prato e dintorni, ma si scontrano sempre con una realtà che porta la gente a scegliere di andare a bere una birra al pub piuttosto che andare a vedere un concerto dal vivo. Manca un po’ l’abitudine a frequentare le serate musicali, forse, e mancano anche gli spazi e le strutture. Ma qui dovremmo aprire un altro triste capitolo sul perché i locali non investono nella musica dal vivo e finiremmo tra un mese (ride n.d.r.)
Cosa pensate della scena metal italiana? Ci sono sufficienti opportunità per una band per mantenersi attiva? Che previsioni vi sentite di fare per il futuro?
TWS: Appunto, tanti dicono che il metal è morto in Italia. Secondo me invece è vivissimo, ma ha poche opportunità per emergere, mancano gli spazi, manca chi investe e manca (forse) anche il pubblico che ha voglia di ascoltare.

Che consiglio dareste ad una band di giovani musicisti che volesse iniziare a suonare rock?
TWS: Di farlo. Senza pensare a quello che potrebbe essere il dopo. Suonare per la voglia di farlo e non per la fame di successo, tanto se sei bravo e valido, in un modo o nell’altro riesci ad emergere. Basta crederci e non mollare.
Lorenzo, tu sei anche admin di Facciamo Valere il Metallo Italiano, una realtà che ha come missione il supporto della scena metal nostrana.
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Esiste ad oggi un ricambio generazionale di musicisti che si cimentano in questo genere? Il livello della collaborazione tra i vari attori della scena italiana è sufficiente o anche qui domina l’individualismo come in altri ambiti?
Lorenzo: Ti ringrazio per la domanda. Come hai detto, FVIMI ha la missione di supportare la scena metal italiana. Purtroppo, molti la vedono solo come una vetrina o come un gruppo che organizza eventi. Il livello di collaborazione è molto basso, come hai sottolineato, regna l’individualismo e ognuno coltiva il proprio orticello. Si ricordano di FVIMI solo quando sentono che stiamo preparando qualche festival o evento.
Nel salutarvi vi chiediamo di indicare di seguito i link attraverso i quali è possibile trovare le vostre pagine web.
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