Il Senso Delle Parole: Trauma psichico e psicoterapia
Nel lontano 1893 Freud nel secondo volume della sua OPERA scrisse il paragrafo “Meccanismi psichici dei fenomeni isterici” studiando alcuni casi di persone usciti illesi da incidenti nelle ferrovie che a distanza di giorni denunciavano paralisi motorie alle braccia o alle gambe come se l’arto fosse stato realmente lesionato. In quegli anni, poco prima di quanto scritto da Freud, il grande Charcot (1893) definì questa patologia “isteria traumatica” spiegandola come una suggestione tipica nei soggetti inclini all’isteria, derivante dalla paura di perdere l’arto che era diventata profonda a livello inconscio da generare il sintomo della paralisi “falsa”. Si arrivò alla terapia attraverso l’ipnosi, mediante l’induzione di una suggestione contraria che determinava al risveglio la piena funzionalità del braccio o della gamba.

Dalla “isteria traumatica” di Charcot alle scoperte di Freud sul legame mente-corpo
Gli studi di Freud evidenziarono come il disagio mentale possa trasferirsi in quello fisico, senza la necessità di un grave evento traumatico producendo effetti spiacevoli sul corpo, anche a distanza di tempo. Ancora oggi non si conoscono tutti i meccanismi, le risposte, gli effetti che può produrre il cervello umano e dei suoi 100 miliardi di cellule che lo costituiscono, si conosce solo il 25%. La sua complessità, affinchè si possa meglio comprendere, trova la spiegazione nella realtà che due organi vitali per l’uomo come il cuore ed il fegato, sono costituiti circa da 1 miliardo di cellule ciascuno.
Tuttavia, non esiste una risposta certa tra evento reale e l’elaborazione del soggetto, in quanto ogni fatto che accade può essere vissuto diversamente in base alla struttura di personalità, all’equilibrio mentale, alla maturità della persona e intervengono, anche fattori culturali legati alla resilienza (cioè alla capacità di fronteggiare positivamente il trauma) che consente una risposta più adeguata e meno patologica essendo il soggetto portatore nel suo background di risorse maggiori.
Ad esempio, per un bambino un evento di abuso al momento può non creare trauma in quanto non ne conosce il significato o la gravità, successivamente quando esso si collega ad eventi attuali comprende esattamente il fatto e compare il trauma ed il terapeuta dovrà lavorare sulla rielaborazione dell’accaduto considerando tutte le difficoltà di una narrazione “passata da tanto tempo”. La cura psicoterapeutica del disturbo da trauma psichico induce comunque sempre ad una rilettura dell’evento da un’altra prospettiva facendoglielo metabolizzare e reintegrandolo nella propria storia. La narrazione più completa possibile resta sempre la via da seguire per assimilare ciò che appare traumatico e sconvolgente.
L’impatto del trauma psichico sul corpo e sul cervello
Esistono però situazioni di abusi reiterati su giovani e adulti e sui reduci di guerra – si pensi per esempio, ai reduci del Vietnam e della ex Iugoslavia – in cui la rievocazione non si può praticare, in quanto essa anziché rappresentare una lenta assimilazione dell’evento traumatizzante, finisce per indurre ad una ripetizione, con il riaffiorare delle angosce e delle reazioni emotive e fisiche vissute al momento tipo tachicardia, sensazioni di soffocamento, nausea, tremori ecc.
Le tecniche diagnostiche, dalla risonanza ai vecchi elettroencefalogrammi ed elettrocardiogrammi hanno evidenziato che nei soggetti con disturbi traumatici (trauma psichico) da stress compaiano alterazioni funzionale del sistema nervoso autonomo, simpatico e parasimpatico, oltre alla disattivazione ed ad una ipereccitazione di aree del cervello, che finiscono per compromettere la memoria. Pertanto, la funzione rievocativa risulta difficile a causa delle anomalie cerebrali determinate dalla cronicizzazione dello stress nuovamente generato.
Tecniche moderne di psicoterapia: EMDR, mindfulness, biofeedback e approcci esperienziali
Fortunatamente, la ricerca oggi è andata oltre e sono nate tecniche come la mindfulness (pratica di consapevolezza nel momento attuale), il biofeedback preposto a controllare le reazioni neurovegetative, e l’EMDR (tecnica di desensibilizzazione e rielaborazione mediante movimenti oculari indotti). A queste innovazioni, si possono sempre affiancare metodi antichi di rilassamento come lo yoga o il training autogeno, anche tecniche ispirate allo psicodramma in cui facendo personificare ruoli significativi ad altri pazienti presenti nel gruppo in terapia, in modo da introdurre l’evento e altre visioni del fatto, si sollecita la partecipazione come attori o anche come spettatori, innescando una funzione catartica, laddove è scarsa la verbalizzazione o l’introspezione, insomma una soluzione siamo al punto che si trova quasi sempre.
Tuttavia, il senso delle parole nasce sempre dalla presenza di un corretto e adeguato rapporto transferale tra paziente e terapeuta, e contro-transferale tra terapeuta e paziente, per questo, a dirla in breve, l’A.I. (Intelligenza Artificiale) non potrà mai bastare per la mancanza della dimensione umana. Certamente, l’A.I. darà delle risposte anche più immediate, ma mai risolutiva rispetto alla psicoterapia.
Dott.ssa Maura Livoli
Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo Psicoanalista Consulente tecnico
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