I Witchwood sono una hard rock band romagnola che, in questi anni, ha conquistato una buona fetta di pubblico a livello nazionale e internazionale. Tutto ciò con solo due album in studio, un Ep e con la partecipazione ad alcune raccolte organizzate in seno alla scena indipendente italiana.
Nati nel 2014 dalle ceneri dei Buttered Bacond Biscuits, hanno sviluppato uno stile molto personale che trae massima ispirazione dall’hard rock del passato, arricchito da un immaginario legato alla natura e al paganesimo. Questo senza ricadere in emulazioni sterili di stilemi preconfezionati o semplicemente copiati da epoche precedenti.
Abbiamo intervistato il loro leader e fondatore: Ricky Dal Pane, che nel gruppo ricopre anche il ruolo di chitarrista cantante. Egli è un artista molto dotato e collabora anche con altre band. Gli faremo alcune domande sia sui Witchwood sia sul suo percorso artistico personale.
Intervista a Ricky Dal Pane leader dei Witchwood
Ciao Ricky, partiamo dal periodo precedente alla nascita dei Witchwood. Come hai iniziato ad interessarti alla musica e quanto hai iniziato a suonare? Sarei curioso di sapere anche qualcosa circa le altre tue collaborazioni del passato e del presente: una di queste consiste nel ricoprire il ruolo di cantante con la band metal veronese Epitaph.
Ciao Diego. Intanto ti ringrazio molto per l’opportunità di realizzare questa intervista, è sempre un piacere scambiare due chiacchiere con te.
La passione per la musica in me è nata da bambino grazie ai miei genitori: ogni giorno sul piatto del giradischi di casa nostra giravano 33 dei Beatles, De André, delle Orme, Deep Purple e di tanti altri… Era la normalità.
In più mio padre, fin dagli anni 60, faceva parte di una band con cui eseguiva brani anche di Cream, Hendrix, Sam & Dave, Spencer Davis Group ecc ecc, Quindi determinate sonorità mi hanno sempre accompagnato.
Crescendo iniziai ad interessarmi anche ad altri generi come l’heavy metal. In seguito formai la mia prima band, gli Excrucior, con cui incisi nel 1995 l’album Pyramus Et Thisbe.
Negli anni successivi avviai anche numerosi altri progetti, purtroppo quasi mai approdati a qualcosa di concreto, a parte qualche demotape e svariati concerti.
Fino al 2007, anno in cui si formarono i Buttered Bacon Biscuits, con cui nel 2009 incidemmo l’album From The Solitary Woods che ottenne buoni consensi e riscontri e che ci permise di suonare in numerosi locali e festival.
Le origini dei Witchwood
Nel frattempo collaborai in veste di cantante con la band Witches Brew per il loro disco Supersonicspeedfreaks del 2012. Nell’ album figuravano numerosi ospiti tra cui Nik Turner, Steve Sylvester, Martin Grice.
Conclusasi l’avventura dei BBB decisi di continuare con alcuni membri della band e fondai i Witchwood. Con loro abbiamo inciso tre album, Litanies From The Woods del 2015, Handful Of Stars del 2016 e Before The Winter del 2020 ottenendo ottimi riscontri sia di critica che di vendite. Abbiamo anche suonando di spalla ad alcuni dei nostri miti di sempre, su tutti Ken Hensley e John Lawton.
Attualmente divido i miei impegni tra i Witchwood e la storica doom band veronese Epitaph in cui ricopro il ruolo di cantante da circa tre anni e con un nuovo album in arrivo a brevissimo.
Parliamo ora dei Witchwood. Raccontaci qualcosa delle origini. Come mai, ad un certo punto, hai deciso di concludere l’esperienza dei Buttered Bacond Biscuits e di avviare una nuova band?
Purtroppo nei BBB c’erano punti di vista differenti sul percorso musicale da intraprendere per il nuovo lavoro e non tutti erano coinvolti al 100% per svariati motivi.
Da lì la decisione di continuare solo con una parte dei musicisti, coinvolgerne di nuovi e cambiare il nome in Witchwood poiché credo potesse rappresentare meglio le nostre sonorità e il nostro immaginario.
Musicalmente i Witchwood sono la naturale prosecuzione di quanto seminato negli anni coi BBB.
Il sound e l’evoluzione musicale dei Witchwood
Il sound e le tematiche della band hanno varie sfaccettature. Avresti voglia di dare una spiegazione in merito ai lettori di Backdigit? Quali sono le vostre influenze e quali sono gli aspetti che ritieni originali?
Non mi sono mai posto dei limiti di stile, né dal punto di vista musicale, né da quello lirico. Così come non ho mai voluto fare parte di un determinato genere o filone a tutti i costi. Mi è sempre interessato dare risalto alla forma canzone dei brani, anche se spesso inglobati in composizioni di durata sostenuta.
Sicuramente le nostre principali influenze risiedono negli anni ’70, questo è fuori d’ogni dubbio. Ma, proseguendo nel comporre i nostri album fino ad arrivare all’ultimo Before The Winter, credo che siamo riusciti ad allontanarci da certe ingenuità degli inizi. Abbiamo creato il nostro sound più personale, asciugando i brani da ogni parte superflua e prolissa ed allargando il nostro spettro di influenze.
L’evoluzione della band
Questa evoluzione prosegue, anche ora che stiamo lavorando sui brani per quello che sarà il prossimo disco.
Sono passati cinque anni dalla lavorazione di Before The Winter, alcuni dei quali intensi e complicati.
Ho perso persone a me care tra cui mio padre e questo mi ha profondamente segnato. Non sono più la persona di 5 anni fa, sono cambiato… Né in meglio né in peggio… Semplicemente cambiato… Di conseguenza è naturale che questo cambiamento si rifletta nelle mie nuove composizioni.
Non mi oppongo a questo per paura di deludere le aspettative di qualcuno perché io cerco sempre di essere sincero… soprattutto con me stesso.
La scena underground italiana
Guarda, credo che di band di valore ce ne siano sicuramente, anche se andrebbe chiarito cosa si intenda per qualità. Nel senso che, purtroppo, noto un livello sempre più alto da un punto di vista tecnico/esecutivo (o di capacita “replicativa”) ma sempre più povertà di contenuti, sempre meno band con realmente qualcosa da dire.
Questo è sempre successo, ma con le nuove tecnologie di oggi si è tutto esasperato, ci ritroviamo sommersi da una marea di nuove uscite… Va da se che da un calderone del genere, dove può finire di tutto, dal genio alla pura spazzatura, sia sempre più complicato emergere proprio perché risucchiati nel maelstrom liquido del “troppo”… Del superfluo.
E il troppo distoglie anche l’ascoltatore, lo porta a perdere un reale spirito critico e lo spinge ad accontentarsi di ciò che trova… O anche al contrario: denigrare tanto per il gusto di farlo e per scatenare sterili polemiche.
Oramai credo che la musica sia più un contorno a tutto ciò che ci viene propinato sui social: si parla continuamente di musica ma non si ascolta più musica. Altro problema è quello generazionale… Per quelli della nostra generazione la musica si accompagnava a veri e propri movimenti e cambiamenti culturali e sociali.
Era un collante sociale… Sicuramente divideva anche in varie “fazioni”, ma restava un fortissimo collante per chi faceva parte di ognuna di queste.
Questo non succede più purtroppo, ha perso questa valenza per i più giovani, proprio perché i tempi di oggi non lo richiedono più.
Insomma, in questo nuovo mondo, apparentemente pieno di opportunità, mancano proprio le opportunità.
È un discorso complesso, non vorrei passare per disfattista, ma la penso così.
La carriera hard rock dei Witchwood
Ci parleresti degli album che avete realizzato a partire dal 2015?
Allora, Litanies From The Woods: il nostro esordio a nome Witchwood.
Fu un lavoro molto lungo e difficoltoso anche perché non avevamo una grande esperienza per quel che riguardava la produzione di un disco.
Decidemmo di registrare tutto quello che avevamo pronto e ci trovammo alla fine con un album della durata di quasi 80 minuti, una follia pensare di pubblicarlo nella sua interezza per una band esordiente… E quindi ovviamente, da bravi cocciuti, non siamo scesi a compromessi e abbiamo scelto di farlo uscire così, senza cambiare una virgola.
Si è fatta avanti coraggiosamente la Jolly Roger che ha scelto di appoggiarci in questa follia ed è andata molto bene!
Contro ogni pronostico il disco ha veduto moltissimo. E’ andato in ristampa svariate volte, ottenendo ottimi riscontri di critica e pubblico e dandoci la possibilità di partecipare a numerosi festival e concerti. Un periodo magico!
Handful Of Stars: quello che doveva essere praticamente un singolo della versione estesa del brano omonimo si è, alla fine, trasformato praticamente nel nostro nuovo album.
Conteneva, oltre a questa nuova versione di Handful, tre nuovi brani più una intro strumentale e due cover di gruppi per noi fondamentali: Rainbow Demo degli Uriah Heep e Flaming Telepaths dei Blue Oyster Cult.
Insomma ci siamo un po’ fatti prendere la mano.
Anche questo lavoro è andato benissimo come vendite e critiche.
L’album di cui Ricky Dal Pane va più fiero
Before The Winter: ad oggi il lavoro di cui vado più fiero.
Un disco prodotto in un periodo molto difficile per il sottoscritto… e uscito in un periodo ancora peggiore, cioè in piena pandemia.
Qui nulla è stato lasciato al caso.
Le composizioni sono frutto di un lavoro molto intenso di scrittura e prove.
Brani meno prolissi e più “a fuoco” in cui ogni strumento o virtuosismo doveva essere in funzione del brano.
Anche la produzione è stata mirata alla ricerca di un suono diverso dal solito: vintage, ma riconducibile comunque a noi ed ai nostri giorni.
Adoro ogni brano di questo lavoro, ma, in particolar modo, A Slow Colours Of Shade a cui sono legatissimo.
Anche questo album, nonostante il periodo infelice in cui e uscito, è andato molto bene; anche se non credo sia stato capito e recepito come meritava.
Credo che sia un lavoro che verrà apprezzato di più e rivalutato negli anni a venire.
I progetti di Ricky Dal Pane per il futuro
Che progetti hai per il futuro? Noi ci auguriamo di vederti ancora per tanto tempo sui palchi e di ascoltare tuoi nuovi album, realizzati con i Witchwood e con altri progetti paralleli.
Per ora abbiamo momentaneamente sospeso l’attività live per concentrarci sulla composizione di nuovo materiale che, anticipo già, sarà molto diverso dai nostri precedenti lavori.
Credo che questo processo di composizione ci porterà via comunque molto tempo.
Purtroppo, poi, l’anno scorso il nostro tastierista ha deciso di lasciare definitivamente la band e stiamo ancora cercando un sostituto.
Per quel che riguarda altri progetti, oltre agli Epitaph di cui sta per uscire il nuovo album, sto lavorando ad un’altra band. Si tratta dei Salem Cross, insieme a Nicola Vitale de La Janara.
Con loro per ora abbiamo pubblicato un inedito, Red Hook. E’ contenuto ne “Il Sogno E L’incubo” – tributo a Lovecraft e la cover di Starway To The Stars contenuta nel tributo ai Blue Oyster Cult. (Entrambe le raccolte sono state realizzate dalla label genovese Black Widow Records. N.d.R.). Siamo al lavoro su un album d’esordio che speriamo veda la luce il prima possibile.
Ringraziandoti, a nome di Backdigit, per il tempo dedicato a rispondere alle domande di questa intervista, ti lascio spazio in modo che tu possa indicare i contatti per acquistare i vostri album.
Grazie a voi per la bella intervista, è stato un piacere!
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