Intervista a Giovanni Nuti: la musica come poesia, spiritualità e continuità dell’amore

In un tempo che corre veloce, dove la musica spesso si consuma nell’istante di un ascolto, A Carla, il nuovo singolo di Giovanni Nuti, si posa come una sospensione, un respiro necessario. È un invito a fermarsi, ad ascoltare in profondità, a sentire oltre le parole. Nell’intervista a Giovanni Nuti, in una conversazione intima e autentica, l’artista racconta la nascita del brano, il suo legame profondo con la poesia e la spiritualità, e l’eredità luminosa lasciata da figure straordinarie come Carla Fracci, Alda Merini e Padre Alberto Maggi. Un dialogo che attraversa musica, memoria e amore, restituendo alla parola cantata il suo valore più essenziale e vero.

A Carla

Quando hai capito che la poesia di Padre Alberto Maggi doveva diventare una canzone?

Tutto è nato in occasione del funerale di Carla Fracci. Mi avevano chiesto di leggere qualcosa per ricordarla e sentivo il bisogno di parole che venissero “dall’alto”. Così mi sono rivolto a Padre Alberto Maggi, che Carla conosceva bene e di cui aveva letto molti libri. Quel pomeriggio mi mandò uno scritto che mi colpì profondamente. Lo lessi durante la funzione e vidi commuoversi molte persone, compresa la famiglia. In quel momento sentii che in quelle parole c’era già una musica. Quando una poesia mi cattura, percepisco subito la sua musicalità interiore: è stato naturale trasformarla in un brano, che è poi diventato il mio nuovo singolo, intitolato A Carla.

Il tuo nuovo singolo A Carla parla di vita oltre la vita. Quanto conta la spiritualità nella tua musica?

È basilare. Sono sempre cresciuto con l’idea che siamo molto più di ciò che vediamo fisicamente. Fin da bambino ero attratto dalla poesia e dalla dimensione spirituale: a nove anni già musicavo testi religiosi. La spiritualità non si programma, è qualcosa che senti. Tutti siamo connessi al divino, anche se non sempre ne siamo consapevoli. Questo brano, in particolare, ha una grande forza consolatoria. Dopo averlo musicato lo feci ascoltare a Padre Alberto Maggi, che si commosse molto. Lui è nel convento a Montefano e, quando genitori che avevano perso i figli andavano da lui, faceva ascoltare questo brano. Vedeva che le persone uscivano sollevate. A quel punto ho pensato che farlo uscire fosse quasi un dovere: se una canzone può fare del bene, è giusto condividerla.

Qual è il messaggio principale che vuoi trasmettere con A Carla?

È un messaggio bello, perché non si parla di morte ma di continuità: la presenza cambia forma, ma non scompare. Questo è un messaggio molto importante: l’amore non si interrompe. Finisce il corpo, ma continua l’amore.

È un messaggio significativo anche per i giovani, che spesso si basano soprattutto sull’aspetto fisico. La cultura, l’educazione e ciò che ti viene trasmesso ci ricordano che siamo solo un corpo: siamo molto più di questo.

Che ricordo personale conservi di Carla Fracci, oltre alla grande artista?

La grande amica, la grande artista, aveva preso il posto di Alda Merini nel Poema della Croce, nel ruolo di Maria, mentre io interpretavo Gesù. Fu qualcosa di magico: appena ascoltò il Poema della Croce e la musica, interiormente danzava mentre l’ascoltava, e questo si percepiva chiaramente.

Quando poi c’è stata la possibilità di portarlo in scena, l’emozione per il pubblico è stata fortissima. Lei non solo ha danzato sulla mia musica, ma ha anche cantato i versi di Alda Merini nel Poema della Croce. Come attrice, devo dire che è stata semplicemente fantastica.

Cosa hai provato rivedendo le immagini d’archivio di Carla Fracci nel videoclip di A Carla?

Mi ha stupito profondamente. Sembra davvero che danzi a tempo sulla mia musica, anche se ovviamente non è così. È una di quelle meraviglie che la vita ogni tanto regala: le immagini che mi ha fornito la famiglia si incastrano perfettamente con il ritmo, come se lei avesse ascoltato il brano prima. Vorrei ricordare che la regia del videoclip è firmata da Matteo Pelletti, mentre l’arrangiamento del brano è di Stefano Cisotto.

Nel tuo percorso hai incontrato grandi figure femminili, come Alda Merini. Cosa ti hanno lasciato artisticamente?

Una ricchezza incredibile. Ho avuto la fortuna di incontrarla, e ogni volta mi commuove ricordare quando diceva che anche lei si sentiva fortunata a conoscermi. Diceva anche una cosa molto interessante: la poesia, quando viene unita alla mia musica, arriva anche a chi normalmente non metterebbe piede in una libreria. Grazie alle canzoni e alle poesie che ho musicato, molte persone hanno poi acquistato i libri di Alda Merini. La canzone permette di far arrivare il messaggio più velocemente, in maniera più immediata, attraverso l’ascolto.

Ti senti un artista controcorrente rispetto al panorama musicale attuale?

No, mi sento me stesso, sono sempre stato così e non vorrei fare nulla di diverso. Penso di portare avanti un discorso che faccia bene alla gente. Non è musica di consumo veloce, ma queste cose si sedimentano nel tempo e poi si ritrovano: faccio qualcosa che può rimanere nel tempo, credo.

Il fatto di essere accostato ad Alda Merini… sono nel museo con lei, nei libri di scuola delle superiori. Quindi mi trovo già in una situazione diversa rispetto ai miei colleghi della musica leggera. Anche considerando tutto il mio lavoro con Alda Merini in questi trent’anni, non mi sono mai fermato a musicare i suoi testi in modo scontato. Sono cose che si possono prendere in mano in qualsiasi momento, in qualsiasi epoca. Penso che siano sempre ascoltabili, non passano mai di moda.

Questo singolo rappresenta un punto di arrivo o l’inizio di una nuova fase?

Non è un vero inizio, direi piuttosto una continuità. Va anche detto che questi temi li avevo già affrontati, avevo musicato La morte non è niente di Henry Scott Holland. Fa parte del mio cammino artistico e umano.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

I miei prossimi progetti prevedono il completamento del nuovo album, con testi inediti di Alda Merini, che lei mi ha lasciato, e con l’aggiunta di musiche su testi di Giorgio Manganelli. Questo grande poeta e scrittore del Novecento è stato anche il primo amore e il mentore di Alda Merini, un vero visionario che usa la lingua italiana in maniera acrobatica. Ne sono nati brani musicati molto interessanti, e l’album si intitola Usa la tua pazzia, unendo così idealmente i due innamorati: Alda Merini e Giorgio Manganelli.

Come mai questo titolo?

Ho preso spunto da una poesia di Giorgio Manganelli, intitolata Usa la tua pazzia, che ho poi musicato. Mi è sembrato il titolo giusto per esprimere questo senso di libertà, perché si ha davvero bisogno di essere se stessi, di essere liberi.

Se dovessi descrivere A Carla con un solo aggettivo?

È un brano con il linguaggio dell’Eterno, perché l’Eterno a me attira molto e sfiorarlo è meraviglioso.

Dove possiamo seguirti sui social e dove possiamo ascoltare il tuo brano A Carla?

Su tutte le piattaforme digitali.

Giovanni Nuti ci lascia un messaggio profondo e universale: la vita non si esaurisce con la morte, ma continua attraverso l’amore e la memoria. Attraverso la sua musica e le poesie che ha musicato, come quelle di Alda Merini e i testi di Padre Alberto Maggi, Nuti riesce a trasmettere un senso di continuità e di luce anche nei momenti più difficili. A Carla, il nuovo singolo di Giovanni Nuti, è un messaggio di speranza e consolazione, che parla non solo agli adulti, ma anche ai giovani, ricordandoci che siamo molto più del nostro corpo e che il vero amore non si perde mai.

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