Recensione a cura di Cristina Speranza
I JINJER sono pronti a lanciare Duél, il loro attesissimo quinto album, il 7 febbraio 2025 tramite Napalm Records. Con il loro inconfondibile mix di progressive, groove e metal estremo, i JINJER continuano a sfidare le convenzioni del genere, confermandosi tra i leader della scena internazionale. Il loro successo, alimentato da tour incessanti e album acclamati come Wallflowers del 2021, ha consolidato una fanbase globale.
Duél offre un’esperienza sonora travolgente, con la carismatica voce di Tatiana Shmayluk che alterna growl potenti e linee melodiche epiche, sorretta da riff intensi, batterie intricate e il basso pulsante di Eugene Abdukhanov. Grazie alla collaborazione con il produttore Max Morton, il suono dell’album è cristallino e perfettamente rifinito. Con questo nuovo capitolo, i JINJER dimostrano ancora una volta di non seguire le regole, ma di creare la propria strada nel metal moderno.
“Duél”: Il Quinto Album dei JINJER tra Potenza e Ribellione
L’album Duel si apre con “Tantrum“, un brano potente che inizia con la batteria martellante di Vlad Ulasevich, subito chiara nel suo intento di dominare. La canzone descrive un ballo che si trasforma da un evento raffinato a una performance ribelle, un atto di sfida contro l’aristocrazia. Con versi come “La mia danza fa tremare i lampadari” e “Annullo i minuetti, ti capovolgo”, la voce potente di Tatiana sottolinea la forza rivoluzionaria dell’individualismo e la ribellione contro ogni forma di proibizionismo. È un brano che celebra la libertà di essere se stessi senza compromessi.
Hedonist
Crea un’atmosfera di battaglia interiore, dove il richiamo dell’eccesso (“Facciamolo a modo mio: niente dolore, tutto guadagno!”) si scontra con il prezzo della scelta edonista. Il protagonista si ritrova intrappolato nella tristezza della sazietà, nutrendosi di un pane che non sazia mai (“La tristezza della sazietà è il pane di cui mi sto nutrendo”). La canzone esplora l’oscurità dell’edonismo, un ciclo che si ripete senza mai colmare il vuoto interiore. Il brano fonde potenza e riflessione con una chitarra affilata come una lama e una voce che si fa grido di sfida.
Rogue
Scuote il terreno con una furia feroce. Il brano dipinge un mondo dominato dalla corruzione, dall’avidità e da una tirannia spietata, incarnata da un monarca senza cuore. Il ritmo serrato della batteria si sincronizza con l’avanzare dei “terribili cavalieri” che marciando tra fiamme e macerie, seminano distruzione. L’energia aggressiva delle chitarre e della sezione ritmica esprime rabbia contro un potere corrotto, mentre i riff sembrano colpire senza pietà.
Tumbleweed
E’ un lamento brutale e poetico per una vita sradicata, in cui il dolore della perdita è ineluttabile, e l’impossibilità di tornare indietro è il tema centrale (“Le mie radici non toccheranno mai terra”). Con i riff pesanti di Roman Ibramkhalilov che riecheggiano come il ruggito di una tempesta, la voce alterna malinconia e furia, portando un’energia disperata che non si ferma mai, come il vento che non smette di soffiare. Il brano è un inno per chi si sente perso, trasformando il dolore in resistenza.
Green Serpent
Affronta il demone dell’alcol, con un basso di Eugene Abdukhanov che striscia e domina l’intero brano. Le linee di basso pesanti e sinuose, come un serpente, avvolgono l’ascoltatore, mentre il testo dipinge la lenta discesa nell’autodistruzione. I riff ipnotici creano una tensione costante, come un veleno che si diffonde lentamente, e la voce alterna avvertimenti e disperazione, rendendo questo brano crudo e viscerale.
Kafka
Il quinto album dei Jinjer esplora l’assurdità della vita, un urlo soffocato che riflette angoscia e smarrimento. I temi della solitudine e della disperazione, tipici delle opere di Kafka, sono mescolati a immagini di isolamento e introspezione. La voce di Tatiana alterna toni sommessi a urla potenti. I riff taglienti e il basso pulsante creano un caos sonoro che riflette la tempesta interiore della protagonista. La batteria picchia violenta, portando un metal che scuote dentro, lasciando ferite come quelle causate dall’inchiostro sulle pagine. Un capolavoro che unisce filosofia e aggressività.
Dark Bile
E’ un’esplosione sonora di puro metal, dominata da una batteria potente che scuote con colpi secchi e determinati. Le chitarre distorte incide con riff aggressivi, mentre il basso, profondo e minaccioso, crea un muro sonoro di tensione e disperazione. Ogni nota è un richiamo inquietante, un viaggio che porta l’ascoltatore in un abisso di angoscia, dove la malinconia regna sovrana.
Fast Draw
L’assalto sonoro è brutale e senza compromessi. Le chitarre ruggiscono come predatori, squarciando l’aria con riff taglienti, mentre la batteria colpisce come un martello. Il basso, oscuro e minaccioso, fa tremare ogni fibra dell’ascoltatore. Il testo racconta una battaglia interiore incessante: una lotta tra la consapevolezza di sé e la spirale della distruzione. Il ritornello, che urla “sfodera la tua arma”, è un grido di guerra, mentre la protagonista si prepara ad affrontare il mondo con la propria pistola.
Someone’s Daughter
Esplode in un turbinio di dolore e potenza. La chitarra elettrica domina con riff impetuosi e distorti, mentre la batteria e il basso supportano la marcia inarrestabile di una guerriera che, pur schiacciata dal peso della sua armatura, si rifiuta di arrendersi. Il testo è intriso di rivendicazione e lotta, ed è un inno di forza e sopravvivenza. La protagonista non è più “figlia”, ma una guerriera pronta a combattere.
A Tongue So Sly
E’ una scarica di potenza sonora, un assalto che non lascia spazio alla compassione. Le chitarre squarciano l’aria con riff serrati, mentre la batteria picchia incessante. Il basso, profondo e minaccioso, mantiene l’intensità del brano. Il testo esplode in una tempesta di rabbia, denunciando la calunnia e la falsità. Ogni parola è un attacco diretto, mentre la musica distrugge le voci ingannevoli. La verità emerge come un colpo finale, abbattendo la finzione con il suono brutale e sincero.
Duél
E’ l’epilogo definitivo dell’album, un brano che incarna la lotta e la vendetta. Le chitarre scuotono la terra con riff ruvidi e intensi, evocando il rumore di un duello imminente, dove la polvere si solleva in un drammatico confronto. La batteria picchia come il tempo che scorre in un duello mortale, mentre il basso pulsa come il respiro affannoso di chi sa che la fine è vicina. “Duél” è l’inno finale di un viaggio che non lascia spazio alla speranza, celebrando la brutalità e l’onore distrutto in un’epica che brucia nel fuoco della vendetta.
Ogni brano di Duél (quinto album dei Jinjer) costruisce un racconto sonoro in cui il metal esplora temi di ribellione, individualismo, sofferenza e lotta. La potenza musicale è accompagnata da testi intensi che riflettono le contraddizioni della vita, creando un album che non lascia mai indifferenti.
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