Maria Barbieri: la talentuosa chitarrista racconta il prestigioso “We Will Rock You” The Musical by The Queen & Ben Elton – Parte 1
Maria Barbieri, la talentuosa chitarrista partenopea è appena rientrata in patria dalla Danimarca, reduce dalla brillante partecipazione al musical “We Will Rock You” by The Queen & Ben Elton. Per Maria, che negli ultimi tempi si è fatta notare soprattutto nell’ambito del progressive rock come validissimo live member dei Big Big Train, quella del musical è stata un’esperienza sorprendente e formativa. Come ci ha raccontato proprio lei in questa lunga intervista, tra recenti ricordi delle tantissime serate al ritmo dei brani dei Queen e i progetti per il futuro. Ecco la prima parte dell’intervista su BACKdigit.com…
Intervista a Maria Barbieri

Maria, negli scorsi mesi hai suonato in un musical di grande prestigio, suonando tanti pezzi dei Queen belli e impegnativi e facendo tanti assolo di chitarra. Qual’è stato l’assolo che ti è piaciuto e che ti ha più emozionato?
“Per prima cosa devo sottolineare che aver avuto la chance di approcciarmi alla musica dei Queen mi ha dato anche modo di approfondire meglio le linee di chitarra del grande Brian May scoprendone in modo più intenso la genialità e la particolarità. Questo mi ha fatto apprezzare ancora di più una delle più grandi rock band di tutti i tempi. Nel musical eravamo due chitarristi, con la possibilità quindi di suonare i vari solo suddivisi equamente tra di noi. Personalmente ho avuto l’onore di interpretare alcuni dei solo più iconici e devo dire che nel suonarli dal vivo ho provato una grande emozione.
Alcuni li ho amati di più a livello compositivo, altri perché sono stati accostati a delle componenti scenografiche dello show, quindi li ho apprezzati non meramente dal punto di vista musicale e compositivo. Nella mia top list c’è sicuramente Bohemian Rhapsody all’interno del quale c’e anche Galileo, quindi un momento di grande impatto a chiusura dello show. Ho visto le persone dell’audience piangere apprezzando la maestosità del pezzo e ricordando anche il grande Freddie Mercury”.
Maria Barbieri
Tante emozioni in ricordo di Freddie Mercury dei Queen

“Quindi c’è stato tutto un mix di emozioni per le varie parti che sono stupende. Per il solo che come ti dicevo è forse uno dei più iconici dei Queen ma anche per l’impatto che si crea fra le emozioni del pubblico, i ricordi, la voglia di commemorare Freddie, la maestosità delle linee vocali. Un pezzo fantastico, originale, oserei dire quasi progressive perché è il brano che si avvicina maggiormente al concetto di progressive. Non solo come struttura ma anche per le parti che sono molto complesse.
E’ stato fantastico suonarlo sia per il pubblico sia perché ci ritrovavamo sul palco tutti insieme, con l’intera squadra al completo. Era il momento in cui i musicisti interagivano di più ed erano tutti all’interno di questo grande cerchio sul palcoscenico. Quindi sicuramente Bohemian Rhapsody poi The Show Must Go On, un solo fantastico, un momento di alta tensione in una fase critica. Killer Queen era accompagnato da un momento scenografico di grande violenza ed aggressività”.
Maria Barbieri
La sfida di suonare coordinando le parti scenografiche

“Il solo coincide con questa parte ed è stata una sfida riuscire a suonarlo e a coordinare tutte le parti scenografiche. Mi è stato richiesto che io entrassi dal centro nelle due stazioni rotanti in cui erano suddivisi i musicisti. Noi praticamente abbiamo suonato all’interno di questi cubi. Dove c’e la cupola eravamo io, l’altro chitarrista e il tastierista. Nell’altra cupola c’era la sezione ritmica con la bassista e il batterista. Durante The Show Must Go On le due stazioni ruotanti ed io dovevo entrare dal centro di queste due stazioni che girano ad alta velocità e suonare il solo di Killer Queen dopo questa entrata d’impatto scenico. E’ stato molto difficile unire la scenografia con il solo riuscendo a suonare con un certo pathos e con la giusta carica”.
La Top list di Maria Barbieri

“Poi c’e un brano che mi è piaciuto molto suonare anche perché ho avuto la possibilità di apportare qualche piccola modifica creativa ed è Seven Seas of Rhye. Ho avuto la chance di immettere qualche parte personalizzata nel solo. Per questo pezzo noi della band non eravamo visibili. La stazione era girata quindi ero praticamente al buio, però è stato divertente. Un momento molto musicale in cui interagivamo fra di noi. Questa la mia top list dei solo.
Altri momenti belli dello show in generale sono stati ad esempio We Will Rock You. Era divertente vedere il pubblico così coinvolto partecipare con noi. Fondamentalmente dal secondo atto in poi i musicisti sono più visibili e fanno parte della scena. A livello scenografico è il più emozionale e coinvolgente. Ma durante la prima parte c’erano tantissimi solo che ho suonato e mi hanno entusiasmato. Anche complessi come A Kind of Magic. Li c’era bisogno di grande concentrazione”.
L’ansia per la premiere del musical

Ti sei trovata ad esibirti con questo spettacolo per mesi. Da quando è iniziato, ti sei sentita migliorata soprattutto a livello mentale? Probabilmente le prime serate sono state fonte di ansia, poi con il tempo ti sei trovata di più a tuo agio?
“Dall’arrivo in Danimarca lo scorso febbraio ad adesso ho registrato tantissimi cambiamenti. Noto una grande crescita personale ma anche mentale. Ti ringrazio per la domanda perché è un ottimo spunto di riflessione. La prima fase è stata effettivamente carica d’ansia soprattutto perché non eravamo completamente sicuri di quello che sarebbe stato il risultato. C’era questa sfida da musical che è completamente diversa da quella per un concerto. Il regista può chiederti ogni giorno qualcosa di diverso e da musicista devi interpretare le parti al meglio. Ma c’è anche una seconda componente, il cinquanta per cento ed è quella scenica.
Anche i musicisti sono dei personaggi ed hanno il compito di partecipare allo show in questa sfera quasi attoriale. Per me questa esperienza è stata completamente nuova. Assoli molto complessi da eseguire già di se uniti alla componente scenografica, i movimenti, l’entrata al momento giusto. Occorreva fare attenzione pure ai pericoli relativi ad una scenografia con componenti che potevano risultare anche pericolosi. Come nell’esempio che ti ho fatto riguardo Show Must Go On. Ero terrorizzata di dover entrare nel momento esatto essendo concentrata sulla musica già molto complicata. La prima volta sono stata in difficoltà, spaventata di dovermi ritrovare sul palcoscenico al centro delle due stazioni rotanti. E’ stato un momento di panico, c’erano fasi in cui avevo paura, non ero sicura di quello a cui sarei andata incontro”.
Maria Barbieri
Le sfide di Maria per il musical “We Will Rock You”
“Ogni giorno le cose potevano cambiare, la regia era in continua evoluzione fino alla seconda settimana dalla premiere le porte erano sempre aperte. La mia sfida è stata quella di essere più elastica possibile e più versatile ascoltando la regia. In quella situazione non sei solo un musicista ma se anche parte di un team, devi ascoltare il registra. Possono poi esserci dei conflitti tra quello che tu suoni e quello che viene richiesto dalla scenografia. Ci sono dei momenti molto particolari e complessi. Io indossavo una giacca affatto comoda, la visibilità era ridotta e dovevo cercare di suonare senza vedere, al passo con i ballerini. Una componente nuova e direi anche scenograficamente mainstream.
Qualcosa che non avevo mai provato e che mi ha fatto uscire dalla mia comfort zone dandomi la possibilità di acquisire nuovi skills. Questa è stata la mia motivazione per cercare di abbattere le barriere che spesso potresti avere. Ti dici “devo farlo” e un domani sarò in grado di fare anche di meglio. Tutto il tempo ho lavorato molto mentalmente per giungere a questo scopo, con lo scopo di aumentare la validità del mio profilo. Non soltanto come artista ma anche come session player che è la seconda strada principale che mi permette di lavorare e quindi è stato importante affrontare il percorso con questa consapevolezza”.
Una grande opportunità di crescita mentale
“Mentalmente è stata una grande opportunità di crescita. Il tempo mi ha permesso di diventare più sicura di me stessa ma diciamo che non c’è stata una tensione di lunga durata. La prima settimana di prove c’è stata la sfida sonora. Lavoravamo con un sistema wireless complesso. Diciamo che la prima settimana è stata dedicata al suono, per capire come sarebbero andate le cose. C’era la tensione di scpprire come sarebbe stato il giorno dopo e, nel caso della premiere, la tensione delle sfide sceniche per riuscire a suonare bene ed interpretare bene nonostante le componenti scenografiche complesse. Unire il tutto, essere credibile e cercare, ad esempio, di non risultare goffa.
Ma è stato giusto la prima settimana pre-premiere, i primi concerti e il debutto poi tutto è andato in discesa. Molto impegnativo è stato riuscire a mantenere un equilibrio ogni giorno, trovare l’energia e dare il massimo per cosi tanto tempo. Avevamo una pausa breve di due giorni liberi a settimana. Spesso è capitato il doppio show con due concerti al giorni, anche due vote alla settimana. Praticamente in quattro giorni anche sette, otto concerti. Devi dare tanto ad ogni show.
Maria Barbieri
Una musicista abbastanza matura per affrontare nuove sfide
“E’ stata una sfida incredibile ripartire ogni volta e bilanciare la tecnica, il corpo, la parte meccanica che ti fa suonare per così a lunghi delle parti complesse. E’ stata un’ottima opportunità per crescere ed io mi sento cresciuta. Mi sento pronta ad affrontare lunghi tour, anche più lunghi e non creo sia una cosa di tutti i giorni avere una “palestra” dove suoni per due concerti al giorno per cosi tante ore almeno una volta al giorno. Una situazione musicale e teatrale modellata con un doppio show è un’esperienza molto utile.
Quindi lo ripeto, mi sento cresciuta e fortificata mentalmente, fisicamente e spiritualmente. Sono partita dall’Italia da sola, confrontandomi con una nuova cultura e migliorando anche l’inglese che in Danimarca parlano benissimo. Un’esperanza unica e spero che capiti ancora perché mi piace confrontarmi con situazioni internazionali dove c’è grande enfasi e dove danno ancora alla musica e al rock lo spazio che merita”.
Un’esperienza tutta nuova per Maria Barbieri

Presumo sia stata la prima volta che ti ha visto coinvolta in un lavoro del genere, abituata a suonare rock e rock progressive. Che effetto ti ha fatto questa nuova forma presentare la tua arte?
“Esattamente, per me è stata la prima esperienza in un musical, oltretutto un musical di grande prestigio dove è stato facile trovare persone che lavorano da tempo nella sfera teatrale dei musical. Io sono entrata come nuova, mi sono dovuta confrontare con l’aspetto scenografico e visivo. Con il costume di scena, la parrucca, si deve imparare ad essere un altro se, non solo il se musicale. Quando il musicista suona già accede ad un altra parte della propria personalità viaggia su altre onde.
Ma nel musical ti viene richiesto di viaggiare su di un’altra ancora, staccarti dalla personalità che fuoriesce quando si suona. Ovvero, quella c’è sempre ma si trasforma, si evolve nell’aspetto scenografico. Anche il make up ti fa calare nel personaggio e ti fa sentire parte di questa macchina dove ogni componente è fondamentale per il suo funzionamento”.
“We Will Rock You”: una lezione per credere di più in se stessa
“La componente scenografica, ad esempio, sta anche nell’importanza del costume. Prepararsi è un procedimento lungo. Prima di suonare ci vogliono quasi due ore di preparazione ed è difficile mettere insieme la cura nell’aspetto visivo e scenico con quella dell’aspetto musicale. Devi essere molto concentrato. Noi eravamo l’orchestra, la base dello show. Bisognava unire tutto e farlo funzionare nel modo migliore possibile. Però è stata una cosa fantastica, non credevo che mi avrebbe preso tanto. E’ stato emozionante, qualcosa di nuovo, crescere e sentire questa evoluzione abbastanza veloce. Sono stata tanto tempo a lavorare in Danimarca ma la sensazione è stata quella della velocità nello scorrere del tempo, la mia capacità di adattamento ad un contesto nuovo. Un modo per credere più in me stessa e spingermi oltre. Uscire dalla mia comfort zone”.
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