Daniele Ivaldi è uno dei chitarristi, arrangiatori e compositori più apprezzati sulla scena nazionale.
Da genovese ricordo i tempi in cui Daniele suonava in vari locali della città con la band di Nico Di Palo. Era il periodo a cavallo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio del decennio successivo. Avevo solo qualche anno meno di lui, ma mi sembrava di essere davanti ad un “extraterrestre”. Uno di quei musicisti che erano riusciti ad imporsi grazie ad un talento che si era già reso indiscutibile fin dalla giovane età.

La carriera di Daniele Ivaldi

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Daniele insegnava anche chitarra in uno studio della città che frequentavo e sono sempre stato piacevolmente colpito dalla sua gentilezza e umiltà. Non ho avuto occasioni di scambiare, con lui, quattro chiacchiere negli ultimi anni, ma da quanto ho modo di leggere su quanto scrive sui social e su quanto dichiara nelle interviste, continuo a mantenere l’opinione che abbia saputo affrontare il successo con la giusta forma mentis. Questo mantenendo un contatto con la realtà e un’umiltà che caratterizza sempre meno persone dello spettacolo.
Concluso lo sforzo di memoria che ho fatto nelle prime righe e tornando ai nostri giorni, devo precisare una cosa: la sua bravura continua a sbalordirmi ogni volta che ho occasione di sentirlo.
Circa la sua carriera ci sarebbe da dire tantissimo. Penso che basti ricordare che egli ha scritto pagine fondamentali della musica italiana collaborando con grossi artisti del nostro mainstream (so che Daniele non ama fare elenchi delle sue collaborazioni e allora segno qualche nome io giusto per dovere di cronaca). Si tratta di artisti con cui egli ha lavorato dal vivo, in studio o accompagnandoli in trasmissioni televisive. Tra questi Umberto Tozzi, Sabrina Salerno, Loredana Bertè, Riccardo Fogli, P.F.M., Scialpi, New Trolls, Nico di Palo, Iva Zanicchi, Maurizio Vandelli, Mango, Sandro Giacobbe, Shel Shapiro, ecc…). Egli è amico anche di Mara Venier che non si è lasciata sfuggire l’occasione di ospitarlo nella trasmissione Domenica In.
In qualità di inviato di Backdigit ho intervistato Daniele e condivido di seguito quanto è emerso. Buona lettura!
Articolo a cura di Diego Banchero

Intervista a Daniele Ivaldi

Daniele Ivaldi chitarrista

Ciao Daniele, io ritengo che intervistare artisti del tuo calibro, oltre che a contribuire a mantenerne sempre più viva la meritata visibilità, abbia anche un valore pedagogico per tutti gli altri musicisti. I quali, leggendo con intelligenza, non possono che trarre spunti di riflessione utili alla loro crescita.
Inizio quindi con il chiederti qualcosa circa i tuoi esordi. Un uccellino mi ha detto che nella tua famiglia la musica è sempre stata presente. Genova ha una storia di professionismo piuttosto solida. Grazie al suo porto ci sono state epoche in cui c’era bisogno di persone che suonassero, sia sulle navi sia nei locali che erano gremiti di turismo.
Come hai iniziato e che percorso didattico hai seguito dal punto di vista chitarristico?
Daniele Ivaldi: Si’ Diego, penso che l’uccellino di cui parli si riferisse a mio padre. Io ho iniziato a suonare intorno ai quattro anni il pianoforte. Quello era lo strumento che avevo in casa perché mio padre era un pianista di professione. Suonava sulle navi (un mestiere che, a quei tempi, si poteva ancora fare).
Intorno ai dieci anni ho deciso di passare alla chitarra, anche un po’ per prendere una via autonoma da mio padre che mi obbligava a studiare la musica in maniera troppo seria. Pensavo anche che, con la chitarra, sarei stato un po’ più libero dal suo condizionamento prevedendo che lui non ci capisse nulla, ma invece non è stato così… (sorride n.d.r). Scherzi a parte, mio padre è sicuramente stato colui che ha maggiormente influito nella mia vita a livello musicale.

Genova città della musica

Rispetto a Genova, concordo. Come sai benissimo, la nostra città è stata una miniera di artisti ed era piena di locali e musicisti. Da essa sono passati i più grandi. Possiamo farci vanto di nomi enormi come De André, New Trolls, Bindi, ecc. Hanno dato vita ad una vera e propria scuola. Devo però ammettere di dover poco a Genova per quanto riguarda la mia carriera. I maggiori risultati li ho ottenuti uscendo da questa città, che per molti versi è sempre stata particolarmente chiusa.

Una vita per il rock

Daniele Ivaldi arrangiatore

Rispetto a Genova, concordo. Come sai benissimo, la nostra città è stata una miniera di artisti ed era piena di locali e musicisti. Da essa sono passati i più grandi. Possiamo farci vanto di nomi enormi come De André, New Trolls, Bindi, ecc. Hanno dato vita ad una vera e propria scuola. Devo però ammettere di dover poco a Genova per quanto riguarda la mia carriera. I maggiori risultati li ho ottenuti uscendo da questa città, che per molti versi è sempre stata particolarmente chiusa.

Quando hai maturato l’idea di diventare professionista? Io ricordo che hai iniziato molto presto a fare il “mestiere”. Il salto alla dimensione lavorativa è stato faticoso o nel tuo caso è stato abbastanza naturale?
Daniele Ivaldi: Ho iniziato molto presto, ma ho avuto la fortuna di crescere in un periodo in cui fare musica di professione era un pochino più semplice di oggi. Se avevi qualcosa da dire (pur senza essere necessariamente un fenomeno) e se avevi la costanza di trovare le persone giuste, i risultati arrivavano. Oggi non penso sia più possibile raggiungere livelli alti senza la famosa “botta nel lato B”. Certo anche all’epoca era importante, ma sicuramente meno di quanto lo sia oggi. Sono partito nel 1984 con una band genovese con la quale ho registrato un 45 giri. Da lì ho iniziato a conoscere un po’ di gente e ho avuto la fortuna di essere notato da un discografico (Sergio Bardotti) grazie al quale ho cominciato a lavorare regolarmente come session man in studio a Milano. In quel contesto ho avuto la possibilità di conoscere molti artisti e le cose sono evolute da sole. Le qualità che erano maggiormente apprezzate in quegli ambienti erano la puntualità e la precisione. Ma anche la capacità nel trovare soluzioni che non facessero perdere tempo alle produzioni (più ancora della capacità strumentale che era comunque richiesta). La fortuna, in questo lavoro, è fondamentale. Il rispetto del musicista all’epoca era maggiore e c’era margine per poter sognare ancora qualcosa di buono. E’ una componente che, purtroppo, negli ultimi tempi è venuta progressivamente meno e di questo si vedono i risultati.

Le esperienze come turnista

Da parecchi anni ti alterni tra varie collaborazioni come turnista. Dall’esterno questo tuo vissuto rappresenta il sogno di tanti musicisti, ma immagino che, oltre alle tante soddisfazioni, ci siano state tante difficoltà. Tra l’altro ho l’impressione, confermata da esperienze personali e dal confronto con tanti amici, che la vita professionale sia sempre meno facile. Puoi fare un bilancio globale della tua carriera?
Daniele Ivaldi: Penso di essere stato fortunato, non so dirti se abbia avuto una carriera (questa parola mi sembra sempre un po’ esagerata). Io ho sempre preso questa esperienza come un gioco (non neghiamo che ho sicuramente saputo sviluppare anche qualche capacità) ed ho avuto la fortuna di arrivare a sessantun anni facendo solo questo.
Difficoltà ce ne sono state. Ma penso che, se una persona fa qualcosa che l’appassiona e la diverte, riesca a sempre passare sopra alle difficoltà. Queste ultime ci sono sicuramente più ora. Il lavoro è notevolmente diminuito ed è cambiato (soprattutto per chi fa il turnista e che ormai è spesso sostituito dai sequencer). La mia vita lavorativa è stata fortunata e solo da pochi anni le cose sono peggiorate. Mi sento in debito con la musica e non posso che redigere un bilancio positivo delle mie esperienze.
Se dovessi iniziare oggi, probabilmente, mi butterei meno di cuore su un mestiere simile. Basta vedere i vari talent (nei quali su cento ne emerge uno e tutti gli altri sono costretti a tornare a lavorare in fabbrica dopo aver annusato successo e soldi… spesso neppure reali), per nutrire seri dubbi. Vedendo come vanno le cose di questi tempi penserei a crearmi un piano B.

Daniele Ivaldi e l’insegnamento

chitarra rock

Riesci sempre a dedicarti all’insegnamento? Ci sono tante persone che oggi si avvicinano allo studio dello strumento? Io ho come l’impressione che i ragazzi si rendano conto che gli spazi per emergere siano sempre meno. Ognuno di noi ha iniziato con la speranza di riuscire a varcare la porta giusta per realizzare il proprio sogno di diventare un musicista professionist. Ma nell’immaginario collettivo una certa disillusione sembra aver preso posto della speranza. Come affrontano i giovani d’oggi l’esperienza della musica?
Daniele Ivaldi: Dal lato didattico non riesco più a lavorare perché non riesco a raccontare bugie. Non riesco a trasmettere positività ad un giovane che mi chiede aiuto perchè vuole fare questo mestiere. Sono molto scettico sulla situazione attuale e, non riuscendo ad incoraggiare e dare forza ai ragazzi, penso che sia più onesto stare fermo.
Ho incontrato tante persone cariche di motivazione, ma non riesco a dar loro la giusta spinta e, non poter parlare bene di un mestiere che fai da quarant’anni, è davvero pesante.
Vedo giovani convinti di riuscire a sfondare e questa cosa mi preoccupa non poco. Un conto è avere la costanza, un conto è avere una certezza di riuscire; che non c’era nemmeno ai miei tempi.

Un consiglio per i giovani musicisti

Cosa consiglieresti ad un giovane di oggi che vuole fare il musicista professionista?
Daniele Ivaldi: Non boccerei mai la sua idea. Se uno è convinto cercherei di incoraggiarlo a mettercela tutta. Non solo sullo strumento, ma in tutte le direzioni. Il treno, se passa, passa una volta sola, se non sei preparato in ogni aspetto ti fermi subito. Di mezzo ci sono sempre i soldi, o sei davvero serio e non fai perdere tempo, o non ti richiamano più. Lavorando con qualcuno dei nomi grossi ancora in attività si riesce a sopravvivere. Intendo sia i nomi famosi sulla scena da decenni sia i giovani artisti di recente uscita.
Non potrei che dire quindi: avanti tutta! …ma organizzatevi con un piano B. Vivere di musica oggigiorno è davvero difficile!

L’amicizia e il rapporto artistico con Shel Shapiro

performance live

Da parecchi anni collabori con Shel Shapiro. Ormai si tratta di un sodalizio stabile. Come procedono le cose in tal senso? Ci sono aspetti che rendono speciale questo legame artistico? Avete progetti nel prossimo futuro?
Daniele Ivaldi: Il Legame con Shel va avanti da vent’anni (quasi ventuno). Diciamo che ormai è una certezza, un po’ come un posto di lavoro in banca (ride n.d.r.). C’è soprattutto un ottimo rapporto di stima reciproca e questo mi fa sentire a casa. Con lui mi trovo bene, ma anche in quel contesto si sentono i cambiamenti di cui parlavo in precedenza. Siamo passati da centotrenta date a quindici in un anno. La differenza è tanta.
Anche i grandi nomi fanno poche date molto grosse in un anno. Ambire a trovare un ingaggio con qualcuno di essi equivarrebbe a rischiare di suonare ancora meno. Per il momento non ho voglia di rimettermi in gioco. Spero che questa voglia mi torni in futuro.

Il rapporto duraturo e la collaborazione con Nico Di Paolo

Una figura a te molto legata è quella di Nico Di Palo, il quale ti indica come il suo successore. Ricordo di un concerto al St. Pepper di Sampierdarena in cui vi vidi per la prima volta assieme. Già all’epoca mi era rimasto impresso che lui, malgrado fosse la star della serata, cercasse di darti spazio per fare vedere la tua bravura solistica. Se non ricordo male, facevano parte della band anche Zoccheddu e il compianto Carlo Milan. Puoi dirci qualcosa circa la tua amicizia di lunga data con Nico?
Daniele Ivaldi: Ho sempre considerato Nico un fratello maggiore. Oltretutto, se suono la chitarra, la colpa è anche sua. E’ stato uno dei pochi idoli che ho avuto fin da ragazzino. L’ho sempre ritenuto un fenomeno, capace di suonare con un grande cuore. Un virtuoso avanti anni luce a tutti gli altri. Con me si è sempre dimostrato un grande amico e mi ha sempre aiutato in tutto. Devo anche al suo aiuto il mio primo tour. Ai tempi, mi ha anche aiutato su aspetti più tecnici come a programmare i primi rac per la chitarra, cose che un artista del suo livello difficilmente fa. (Va ricordato che anni fa Nico, su una rivista americana, è stato considerato uno dei dieci maggiori chitarristi al mondo). Se posso parlare bene di qualcuno io parlerò sempre bene di lui. Penso, tra l’altro, che dovrebbero parlarne bene tutti. Oggi qualcuno ha anche il coraggio di muovergli alcune critiche, ma ritengo che lui non sia in debito con nessuno e non debba dimostrare nulla rispetto a quanto dimostrato. Grande Nico di Palo!

L’album solista “Hear Me From Heaven”

album solista

Com’è andato il tuo album solista “Hear Me From Heaven” uscito per Videoradio? Vuoi parlarci del disco e di cosa ti abbia spinto a realizzarlo? Hai qualcosa di nuovo in cantiere?
Daniele Ivaldi: Fare un album oggi non è semplice, a meno che tu non sia un nome grosso. Io avevo in cantiere questo progetto da anni e mi sono divertito da impazzire nel realizzarlo. Devo ringraziare Beppe Aleo che dopo i primi provini non ha voluto ascoltare più nulla e mi ha detto: “iniziamo a registrare”. Ho avuto modo di lavorare con persone meravigliose tra cui Shel che ha cantato l’unico pezzo con la voce.
Due anni fa è uscito un altro singolo. La prima ad ascoltarlo è stata Mara Venier che lo ha apprezzato molto e mi ha invitato a Domenica In. In questo brano c’è stata la partecipazione di Nico di Palo. Cerco sempre di lavorare con degli amici che partecipano con piacere ai miei progetti.
A settembre dovrei entrare in studio per un nuovo singolo. Sono sempre brani per le piattaforme digitali. Non si va da nessuna parte con queste iniziative, ma mi divertono molto e questo è l’aspetto importante per me.

Gli eroi della chitarra di Daniele Ivaldi

Sappiamo bene che i chitarristi da cui hai tratto ispirazione sono prevalentemente Jeff Beck, Santana, Gary Moore e Jimi Hendrix. C’è qualche nome dei nostri giorni che ritieni di ricordare in quanto da te apprezzato?
Daniele Ivaldi: un chitarrista che mi piace è Stef Burns (che è famoso per suonare con Vasco Rossi). Mi piace perché usa più cuore che tecnica, poi ci sono i vari fenomeni tipo Mancuso, ma sono fuori dal mio modo di intendere la musica.

Siamo giunti al termine dell’intervista. Ti ringrazio di cuore per il tempo che ci hai dedicato! Sarebbe bello se potessi lasciare per i nostri lettori qualche link in cui fare eventuali approfondimenti su di te o cercare il materiale che hai pubblicato e che pubblicherai in futuro. Ciao!
Daniele Ivaldi: Diego, intanto ti ringrazio per questa chiacchierata. Le domande mi sono piaciute.

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