Per Francesco “Fuzz” Pascoletti il rock (ma anche l’heavy metal, il dark, il goth, la techno…) non sono un semplice lavoro. Sono espressione di energia, una passione, un lifestyle che si porta dietro da quando era soltanto un adolescente e che non ha mai abbandonato. Chi meglio di lui, quindi, può raccontare al pubblico la musica e le gesta delle più celebri rockstar, o magari anche di interpreti meno conosciuti, ma non per questo meno dotati di talento? Non ci si meraviglia, quindi, che “Fuzz” sia diventato un apprezzatissimo editor & publisher e che, nonostante la crisi del settore, continui a tutto ritmo con le sue riviste, da Classix/Classix eXtra! a Classix Metal/Classix Metal eXtra!, Rrazörr, Classixbook e la più recente “creatura” Wantlist.
Un modo per far conoscere meglio svariati generi musicali a chi già li apprezza o di farli scoprire a chi ne sa poco o niente. Un compito che all’indomabile “Fuzz” (look scapestrato e atteggiamento da rockettaro doc), con l’aiuto della sua redazione calza a pennello. Backdigit lo ha intervistato per chiedergli come ha iniziato la sua interessante attività e quali ne sono gli sviluppi ma anche per sapere qualcosa in più su di lui e la sua vita a stretto contatto con il pentagramma e i palcoscenici mondiali…
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Intervista a Francesco “Fuzz” Pascoletti
Da dove nasce l’esigenza di pubblicare due nuove riviste Classix Metal – L’Altra NWOBHM e Classix Cult Hard Rock? Quali sono le energie (strategie) che metti in campo per uscire in un periodo così difficile per l’editoria?
Contrariamente a quanto fanno varie riviste di musica e a quello che chiede il mercato (o almeno, quello che oggi resta del mercato dell’editoria musicale), ovvero offrire il più ampio spettro possibile di nomi e di sonorità, da circa due anni i numeri di Classix e Classix Metal affrontano argomenti estremamente approfonditi. Questo restando all’interno di un genere, di un’epoca, di uno stile che, nel caso degli ultimi due numeri, sono, rispettivamente, la new wave of british heavy metal e l’hard rock ’70. In estrema sintesi: queste riviste nascono dalla voglia bruciante di rendere sempre interessante, vitale e divertente il mio lavoro e di dare sempre qualcosa in più, appunto, un extra, ai nostri lettori. Oppure posso darti una risposta più articolata e ti devo portare un po’ indietro nel tempo, ma “solo” di 34 anni… Come si dice in questi casi: sarò breve!
Gli inizi fortunati di “Fuzz”
Ho iniziato negli anni ‘90 come collaboratore di Metal Shock, di cui sono poi diventato caporedattore, per poi dare vita alle mie riviste. Negli anni sono arrivate in edicola Psycho!, :Ritual:, poi Classix, Classix Metal, Wantlist, Rrazörr. Trent’anni e passa di rock’n’roll e di informazione musicale sono stati piacevolissimi, sempre diversi, sempre esaltanti. Però era da un po’ di tempo che mi interrogavo sul futuro, mio e della carta stampata e sul cosa fare “da grande”. Poi ovviamente, quando sei sul trampolino e hai paura di tuffarti, c’è sempre il simpaticone che ti dà una spinta ti ritrovi in mezzo all’aria.
La crisi della carta stampata
La spinta in realtà è arrivata un po’ per tutti, editori grandi e piccolini come la mia Say Yes Publishing. A Dicembre 2021, la carta è aumentata del 77%!!! Un aumento del genere non lo hanno pagato solo gli editori ma anche i lettori, perché spesso in questi casi l’emergenza si affronta diminuendo la qualità, tagliando le pagine, trovando trucchi per allargare la grafica e faticare di meno. E, ovviamente, alzando il prezzo di copertina, ognuno reagisce come può o come vuole. Io ho voluto restare fedele all’oggetto di carta, ma trasformare una rivista “normale” in un oggetto da collezione.
Non solo magazine
Alla fine ho scelto: oggi le mie riviste non vanno più in edicola. Vengono vendute attraverso la rete e una fortunata campagna abbonamenti e hanno assunto questo suffisso, eXtra! perché, oltre essere extra edicola ed extra formato (l’ultimo numero, Classix eXtra! – Cult Hard Rock ha 156 pagine e pesa 600 grammi!), vengono accompagnate da extra come gadget, artprint, borse, libri e sono diventate estese anche negli argomenti. Abbiamo realizzato dei numeri quasi monotematici o comunque con argomenti, suoni, epoche, legati da qualcosa in comune. Se avessimo dovuto continuare ad andare in edicola, produrre riviste come quelle che pubblichiamo oggi sarebbe stato letteralmente impossibile, sia per i costi, tempistiche di lavorazione, formato, ma anche perché in questo modo ci siamo sottratti a certe regole di mercato. Regole che ovviamente vogliono il nome particolare in copertina o che impongono (paradossalmente anche con riviste come Classix e Classix Metal, che parlano di artisti ed argomenti legati al rock del passato) di seguire in qualche modo l’attualità.
Gli esordi nel giornalismo hard rock e heavy metal
Ricapitolando, come hai cominciato e proseguito nella tua carriera?
Come ti ho detto, ho iniziato professionalmente nel 1990, giovanissimo, poco più che adolescente. Potrei dirti che per me all’inizio ha contato il talento, il mio stile spumeggiante, le mie grandissime capacità e una conoscenza del rock e del metal già sbalorditiva…Ma direi grandissime balle! Sono stato fortunato, anzi sono stato baciato dalla geolocalizzazione: ero al punto giusto. Nella via del mio liceo, a Roma, c’era la sede di HM, quella che storicamente è stata la prima rivista dedicata all’hard&heavy in Italia. Passavo sotto quell’ufficio tutti i giorni e quindi, visto che a casa scrivevo delle recensioni private, nel senso che le scrivevo per me e me le leggevo da solo, poi infilavo il foglio dattiloscritto (dattiloscritto molto male, aggiungerei) nella copertina del vinile. Portai ad HM alcune delle mie cose e il caporedattore mi disse una cosa importante, quella che poi mi sono trovato io stesso a dire ad altri: “si, interessante, ma non è quello che cerchiamo, magari rifatti vivo”. Insomma, era già un buon inizio, io però fraintesi e la ritenni una porta in faccia. Giovane, ingenuo e presuntuosetto!!
La giusta opportunità
Però, dopo poco tempo, arrivò un altro giornale sempre dedicato al metal, Metal Shock e, guarda caso, anche la loro redazione era nel mio quartiere! Lì la frequentazione fu più assidua, fino a quando, pur di non vedermi tutti i giorni in ufficio, mi cominciarono a dare delle recensioni o delle interviste da fare. Devo dire che a Metal Shock la gavetta la saltai completamente. Solamente alla mia seconda intervista mi ritrovai faccia a faccia con Steven Tyler e Joe Perry degli Aerosmith! Di lì ad un paio di anni divenni il caporedattore del giornale ed è stata quella prima esperienza formativa a insegnarmi tutto quello che ancora so (o non so) del giornalismo. Sai, è strano per me definirmi “giornalista rock professionista”. Questo perché oggi c’è uno scissione, una differenza abissale (anche negli stipendi!!!) fra coloro che si occupano di un rock dedicato a una nicchia di super appassionati (che poi magari sono quelli che i dischi ancora se li comprano per davvero) e quindi si rivolgono a chi ascolta metal, progressive, hard rock, classic rock rispetto ai giornalisti musicali che vedi andare a X-Factor, a Sanremo o presenziare di qua e di là.
Quelli insomma che sono più legati a un fenomeno dove rock è scritto fra tante virgolette e spesso è ben poco rock. Io delle volte mi sento un alieno, so di non avere nulla a che fare con quelli che oggi comunemente sono definiti “critici rock”.
La passione per la musica rock (ma non soltanto)
Pubblichi riviste sulla musica che ti piace?
Dirti di sì non basterebbe, devo dirti assolutamente, totalmente, completamente SI!!!! È ovvio che anche parlare di rock’n’roll, glam o di black metal tutto il giorno può diventare stressante e faticoso. Anche perché siamo una piccola casa editrice che produce giornali ovviamente di nicchia, non abbiamo mezzi potentissimi, non siamo un esercito di persone in redazione. Quindi delle volte anche questo diventa un lavoro. Ecco perché, come ti ho detto prima, ho cercato in tutti modi di renderlo sempre divertente e piacevole. E soprattutto sempre nuovo, motivo per cui negli anni ho dato vita ad altre e diverse riviste. Ti dirò di più: io sono il primo lettore delle mie riviste. Ogni articolo è un arricchimento e ho scoperto suoni, gruppi o dischi grazie ad articoli che magari io stesso avevo commissionato. Negli anni ho addirittura aperto delle riviste perché i miei gusti musicali mi spingevano lì!
La pubblicazione di :Ritual: la prima rivista dedicata al dark, goth, electro…
Un esempio su tutti (anche fortunato, perché la rivista ebbe veramente un grosso successo nei primi anni 2000) è :Ritual:, la prima rivista ufficiale italiana dedicata ai generi dark, gothic, electro, ebm etc. Dopo anni e anni di ascolti rock e metal, avevo voglia di sperimentare, di scoprire qualcos’altro. Mi avvicinai a quella scena e volevo saperne di più, ma mi resi conto che mancava uno strumento che non fosse poco più di una fanzine… E così ce lo siamo inventato da soli! Lo stesso si può dire per Classix, che è stato praticamente il processo inverso. Sono ritornato a riscoprire le mie origini e a rendermi conto che c’erano tanti gruppi del passato che rischiavano veramente di essere dimenticati (soprattutto verso la fine dei ’90 e i primi 2000, quando il vinile era stato letteralmente abbandonato). C’erano tante grandi e piccole storie di rock che dovevano ancora essere raccontate.
Quando il lavoro è anche divertimento
Come ci accennavi i tuoi non sono semplici magazine ma proponi anche card, artprint, poster, borse.
Quando è impegnativo questo ampliamento dell’offerta?
Impegnativo ed ovviamente costoso, ma anche e soprattutto divertente. Ripeto, è un’altra di quelle piccole libertà che ci siamo trovati fra le mani rinunciando alla distribuzione in edicola. So perfettamente che molti dei nostri lettori potranno dirmi: “ma guarda che a me delle vostre artprint o della patch dei Death che avete stampato in edizione limitata con l’autorizzazione addirittura della famiglia di Chuck Schuldiner, non me ne frega niente. Preferivo trovarvi nell’edicola sotto casa!”. Il problema è che sta anche diventando molto difficile trovarci sotto casa!
Letture per gli amanti del rock
Secondo le cifre del sindacato degli edicolanti, sono circa 900 le edicole che hanno chiuso nel periodo 2020-22. Realizzare un prodotto che sia extra, è anche un modo per rendere sempre creativo il nostro lavoro, per metterci alla prova, non so, sul campo della magliette o delle borse di tela, che sono tanto utili quando vai a comprarti i vinili. Naturalmente cerchiamo di non esagerare. Stampiamo pochi pezzi, le famose Limited Edition che piacciono tanto a chi ama il rock, con lo scopo di fare qualcosa da collezionare e, perdonami l’aggettivo banale, bello! Fra questi gadget naturalmente ci sono anche dei libri, i ClassiXbook (ne abbiamo già pubblicati cinque), quindi questo è un altro aspetto del nostro fare informazione musicale.
Il lettore tipo delle riviste di Francesco “Fuzz” Pascoletti
A chi sono rivolte queste due nuove riviste? Ovvero come dovrebbe essere il tuo lettore tipo?
Il nostro lettore-tipo… E’ il lettore che già ci conosce! Quello che ci supporta e ci sopporta da tanti anni, anche con la nostra mai precisa regolarità nelle uscite, con i nostri cambi di editore, con i nostri articoli delle volte enciclopedici… Invece il lettore a cui vorrei far scoprire le mie riviste è quello che è stanco di leggere sterili racconti o le interviste in cui si chiede “parlami dell’ultimo disco”. Oppure quando si obbliga un artista con venti anni di carriera a ripetere cose che già ho detto per venti anni. Tutta quella pioggia inarrestabile di dati, dischi, nomi, anni di uscita, di elenchi di musicisti e produttori l’abbiamo fornita a sazietà ai nostri lettori anche noi.
Le riviste per vivere grandi emozioni rock
Ma oggi vogliamo regalare delle grandi storie fatte di emozioni, aneddoti, testimonianze sincere, ricordi e rimpianti. Non importa se a raccontarsi è una rockstar o chi ha perso tutti i treni possibili del successo. Vogliamo portare chi ci legge letteralmente dentro una cantina di Newcastle nel 1979, mentre un gruppo di ragazzini sta facendo le prove. Oppure fargli respirare quel feeling irripetibile che c’era nelle strade di Londra, Berlino New York, Detroit, Stoccolma o Los Angeles negli anni ’70, quando stavano nascendo capolavori fondamentali o dimenticati del rock.
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