DRUMMER’S DRAMA: Il documentario che rivela la storia di Phil Collins
(di Francesco Gazzara)
Sembra solo un gioco di parole ma il documentario intitolato “Phil Collins: Drummer First” del regista Brandon Toews, godibile da qualche settimana sul canale YouTube di Drumeo – la più nota piattaforma al mondo di apprendimento della batteria – rivela davvero un ottimo ritmo. Particolarmente riuscita è l’alternanza tra i momenti esilaranti e le riflessioni più drammatiche, come quella sullo stato di salute dello stesso Collins.
“Aver suonato la batteria per tutta la vita, peraltro con una disposizione del kit non proprio salutare per i miei arti, rende ancora più difficile da digerire il fatto di non poterlo più fare all’improvviso” racconta Phil. “Solo a 71 anni – ora ne ha 73, nda – ho capito che se non riesco a fare più ciò che facevo così bene allora è meglio rilassarmi e non fare nulla. Il giorno che riuscirò a tenere salde in mano le bacchette allora ci proverò, ma la situazione attuale è la stessa di “un viaggiatore che ha esaurito le sue miglia aeree”.
Tra i tanti musicisti, colleghi o semplici ammiratori che intervengono in Drummer First ci sono Billy Cobham, Daryl Stuermer, Chad Smith, Simon Phillips, Jordan Rudess, Luis Conte e diversi altri.
Il bassista Leland Sklar, a lungo impiegato da Collins nei suoi tour solisti, spiega perfettamente il senso drammatico della rivelazione di Phil sul suo stato di salute. “Ciò che fa più male è sapere che lui non può fare più l’unica cosa che lo rende davvero felice, ovvero starsene seduto dietro ai tamburi. Se uno incontra Phil per strada senza sapere chi è e gli chiede cosa fa nella vita, lui ancora risponde di essere un batterista prima di ogni altra cosa!”.
Il ritiro ufficiale di Phil Collins è avvenuto il 26 marzo 2022. Ha segnato la fine di una carriera di 50 anni tra tour e registrazioni, sia da solista che con i Genesis. L’ultimo dei tre concerti finali della band si è tenuto subito prima del ritiro. Collins era entrato nei Genesis nell’agosto del 1970.
Pochi mesi dopo, nel mese di ottobre 2022, Phil ha deciso di raccontare pubblicamente la sua storia. Lo ha fatto davanti a una troupe televisiva, parlando con il figlio batterista Nicholas Collins. L’incontro si è svolto nella suggestiva location dello Chateau de l’Aile di Vevey, in Svizzera.
Il risultato si è concretizzato due anni dopo, nel documentario Drummer First. Si tratta di due ore illuminanti sulla vita e la carriera di Collins, batterista prima e cantante poi. Il film celebra anche la sua trasformazione in una super star assoluta del pop anni ’80.
L’escamotage tecnico per narrare la storia di Collins senior è proprio la presenza del figlio Nic come intervistatore. Già a suo agio con stile, manie e battute del padre. Quest’ultimo, dal suo canto, conferma di essere di gran lunga il Genesis più affabile – almeno tra Mike Rutherford e Tony Banks – e nel suo racconto non lesina aneddoti in parte anche inediti, oltre a innumerevoli spunti presi poi in considerazione da diversi musicisti contemporanei.
Colpiscono alcune storie, magari già conosciute, ma narrate in prima persona 50 anni dopo. Un Phil certamente claudicante con la salute, ma non certo privo del suo umorismo.
“Mio padre era molto orgoglioso che avessi interpretato da ragazzino il ruolo di Artful Dodger nel celebre musical Oliver, nel West End londinese. Anzi, se ne vantava proprio. Poi, d’improvviso, mi ritrovai in un gruppo rock. Questo accadde appena avevo capito cosa volessi fare da grande e dopo essere diventato, a vent’anni, un vero professionista delle audizioni.”
Le trovavo nell’ultima pagina del Melody Maker: mi presentavo in sala, i provini andavano bene ma poi non se ne faceva mai nulla finchè non andai dai Genesis…Peter Gabriel ha sempre detto che appena mi vide sullo sgabello della batteria capì che ero il batterista giusto. Arrivò la sua telefonata per dirmi che avevo ottenuto il posto e poi da lì andò tutto lentamente in discesa” (risate, nda).
I vari racconti si snodano mentre Nic è intento a montare il vecchio kit di batteria del padre, per lui abbastanza ostico soprattutto per via del pedale della grancassa. “Una volta suonavo due grancasse” rivela Phil “Ma poi presi il pedale Speed King, oggi un arnese piuttosto rudimentale. “Quando feci vedere il mio nuovo doppio pedale DW9000 a mio padre, ero così entusiasta” ricorda Nic. “Ma lui rispose deluso: ‘Non è uno Speed King, vero?’. In fondo, lui era come John Bonham, il suo idolo.”
Tra le altre chicche tecniche del documentario c’è l’avversione di Collins senior a cambiare le pelli dei tom. A suo avviso, il suo “sound” si ottiene solo dopo ore di utilizzo. Per questo motivo il suo roadie li suonava ripetutamente prima che Phil si sedesse alla batteria durante i soundcheck. Anche l’accordatura non era mai un dogma: “Il suono in In The Air Tonight prevedeva due tom da concerto della Pearl e gli altri tom della Premiere” svela Collins senior “Non bisognava accordarli ma solo colpirli in maniera più forte, fino alla sottomissione”.
Benchè il giovane Phil già cantasse dal vivo tutti i cori dei Genesis – oltre al brano More Fool Me, che eseguiva sul fronte palco in giacca bianca indossata su una salopette da imbianchino – il dilemma della trasformazione, in realtà mai avvenuta definitivamente, da batterista a cantante solista iniziò a distrarlo. Questo accadde già durante il tour di The Lamb Lies Down on Broadway con i Genesis (1974-1975).
“A metà del tour americano, Peter Gabriel rivelò al nostro manager. Quest’ultimo, a sua volta, probabilmente informò Tony Banks, chiedendo riservatezza assoluta anche col resto della band. Gabriel aveva deciso di abbandonare definitivamente i Genesis.”Poteva andarsene in qualsiasi momento e nel frattempo c’era un tour di 150 concerti da portare a termine”.
Collins è schietto nel suo ricordo, in quei giorni la possibilità di continuare senza un cantante per lui era un’opzione da considerare. “Era una buona idea ma tutti mi misero a tacere…in effetti mi rendo conto che avevano ragione”. Paradossalmente furono proprio gli altri a tornare da lui, quando fu davvero necessario trovare un sostituto di Gabriel. “Alle audizioni dovevo cantare prima le canzoni ai ragazzi che venivano a fare i provini. Così alla fine diventai anche tecnicamente più bravo di loro”. È il figlio Nic a ricordare il debutto del padre come cantante dei Genesis: “I fan lo hanno amato fin dal primo concerto perché faceva già parte della band, non era costretto a conquistarli”.
D’altronde la stessa voce di Phil era stata sempre ben presente sia dietro che accanto a quella di Peter, eppure l’ostacolo più grande rimaneva quello di sentirsi un cantante e non più un batterista, una cosa impossibile per Collins. “Ricordo bene che durante il primo concerto come cantante dei Genesis, nel 1976 a London in Ontario, non mollai mai l’asta del microfono sul palco…mi mancava la batteria e quell’asta la sostituì nel mio immaginario…inquietante vero?”.
La seconda parte del documentario “Drummer First” si concentra sul Collins solista, partendo dai provini casalinghi del primo album FACE VALUE. Anche qui la questione dell’autostima, stavolta come autore di canzoni, è centrale. ““Andai a trovare Ahmet Ertegun, il boss della Atlantic Records, nella sua casa londinese” ricorda Phil. “Siamo sempre andati molto d’accordo. Dopo un paio di bicchieri, gli feci ascoltare i miei demo. Tornai a casa con la fiducia alle stelle. Mi disse testualmente: ‘Qualunque cosa tu faccia con questi, io voglio essere coinvolto!’”.
Ovviamente, anche gli esordi della carriera solista sono legati a doppio filo con la batteria. Il celebre drum fill di In The Air Tonight ne è un esempio. A tutt’oggi, rimane il momento più iconico della batteria nella musica pop di tutti i tempi.
Phil ripete senza fronzoli l’aneddoto, già descritto qualche anno fa nella sua autobiografia Not Dead Yet. “Avevo registrato alcuni brani con Peter Gabriel nella sala del Townhouse Studio a Londra. Era un ambiente già molto vivo acusticamente. Mi accorsi che, mettendo i microfoni negli angoli e comprimendoli, si otteneva un suono fantastico. Peter mi chiese subito cosa stessi facendo. Io risposi che stavo solo giocando col suono. Alla fine, pretese che suonassi con quel sound un groove dritto per dieci minuti, senza variazioni. Diventò la base ritmica del suo brano The Intruder.
Apertura del terzo album solista Peter Gabriel III, noto anche come Scratch (1980, nda). “Gli chiesi, con qualche difficoltà, se poteva lasciarmi un nastro con la sola traccia della batteria” conclude Phil.
Fu così che Collins e il produttore Hugh Padgham, poco tempo dopo, ottennero il suono particolare della batteria su In The Air Tonight. “Molti pensano che il drum fill di quel brano sia stato pensato con cura. Ma è solo il fill che ho suonato in quella particolare ripresa, in quel particolare giorno. Ne avevo provati quattro o cinque diversi mentre Hugh modificava il suono. Quando lo riascoltammo, decidemmo di lasciarlo inciso. Così mi ha cambiato letteralmente la vita”.
Nelle due ore complete di Drummer First non manca nulla che riguardi il Collins batterista. Sono inclusi i due estremi dei Brand X, la band jazz rock parallela ai Genesis con cui Phil suonò a metà degli anni ’70. È presente anche la prima colonna sonora (film e musical), notevolmente percussiva, di Tarzan.
Il materiale preso in esame è talmente esteso che al documentario ufficiale sono stati aggiunti un paio di spin off, entrambi apparsi sul canale YouTube di Drumeo, a distanza di una decina di giorni uno dall’altro. Nel primo, “We build Phil Collins legendary drum kit”, Nic Collins spiega come la posizione dei tom nel kit del padre abbia non solo prodotto l’invenzione del celebre drum fill ma anche costretto Phil a restare troppo tempo piegato in avanti, assumendo una posizione poco naturale che col tempo ha contribuito ai suoi danni fisici. A questi, un dolore cronico al collo e la difficoltà nel sollevare la parte estrema di un piede, si è aggiunto nel 2007 un incidente alla spina dorsale e non è mai stato chiarito se l’intervento a cui si sottopose Collins peggiorò o meno le sue condizioni.
Si rivela dunque emozionante vedere Phil che, davanti al figlio e al regista Brandon Toews, torna a sedersi sul suo kit nello spin off del documentario, solo per impugnare una bacchetta nella mano sinistra, suonare un paio di tom e alla fine esclamare: “Va bene può bastare così”. Nel terzo e ultimo episodio, intitolato “Phil Collins: The Uncut Interview”, Brandon Toews svela un’intervista intima e più estesa con Phil, in cui il batterista si confessa su carriera, ritiro e passione per la batteria, senza i tagli presenti nell’edizione ufficiale di “Drummer First”.
“Phil Collins: Drummer First” è su YouTube
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