Diego Banchero mette il suo basso virtuoso nel Diego Banchero Trio, dopo i consensi ottenuti con Il Segno del Comando. Il bravissimo musicista ligure che ha attraversato disinvoltamente la scena prog rock, rock, jazz, blues, metal, quest’anno ha messo in piedi il suo trio strumentale. Il gruppo si muove tra il jazz rock e l’improvvisazione ma non è privo di singolari influenze. Ottimo performer live, Diego Banchero ci parla delle sue passate esperienze musicali, dei suoi modelli di riferimento e dell’amore per il suo strumento…
Diego Banchero e il Trio
Nel 2023 hai fondato una band a tuo nome che suona tue composizioni in chiave jazz rock strumentale: il Diego Banchero Trio. Come ti è venuta questa idea e da dov’è nata questa esigenza?
“Io ho necessità di stimoli e amo mettermi alla prova in sfide sempre nuove. Per tutta la mia carriera mi sono impegnato in progetti dei quali sono spesso stato il leader, ma che non erano a mio nome. Da un po’ di tempo sentivo il desiderio di concedermi un percorso come solista. Si tratta di un regalo che mi sono fatto.
Nel corso degli anni ho scritto molto materiale e una buona parte di questo si presta ad essere rivisitato in chiave strumentale.
Questo progetto mi consente di soddisfare la mia “vena bassistica” e la mia attitudine improvvisativa più di quanto già non faccia con Il Segno del Comando. Mi permette anche di portare dal vivo musica che altrimenti non avrei più modo di suonare (perché fa parte dei repertori di progetti ormai non più attivi o perché si tratta di materiale compositivo ancora inedito)”.
Chi sono i tuoi compagni di avventura in questo trio e come hai selezionato questi musicisti che presumo essere anche amici?
“Come hai giustamente evidenziato nella tua domanda, Susanna, si tratta di due cari amici. Tra noi esiste un sodalizio artistico che, nel corso di tanti anni, ci ha permesso di condividere molte avventure, sia dal punto di vista discografico sia dal punto di vista dell’attività live.
Abbiamo Roberto Lucanato alle chitarre e Fernando Cherchi alla batteria. Il primo ha iniziato a lavorare con me in studio sul finire degli anni ’90, mentre con il secondo (che conosco dalla fine del decennio precedente), ho iniziato a collaborare solo dal 2006.
Sono al momento entrambi attivi ne Il Segno del Comando, ma hanno anche fatto parte di altri miei progetti precedenti come Egida Aurea, Ballo delle Castagne e Recondita Stirpe. Abbiamo anche fatto assieme un tour del Regno Unito come turnisti per il Blooding Mask.
Sono entrambi musicisti fantastici e nel pieno della loro maturità. Grazia a questa esperienza ci stiamo divertendo tantissimo”.
Le sue ispirazioni al basso
Nella tua formazione musicale c’è il prog rock ed anche altri generi come jazz, blues… Vedo però che hai, ad esempio, partecipato anche ad una raccolta dedicata a David Bowie e Marc Bolan. Sei quindi influenzato da una varietà generi musicali. Quali sono i tuoi musicisti di riferimento, in particolare bassisti (visto che questo è il tuo strumento)?
“Nel corso degli anni ho suonato ed ascoltato diversi generi musicali e, da questi, sono stato influenzato un po’ a tutti i livelli (come bassista, come arrangiatore e come compositore).
Ad inizio carriera ero interessato al metal e ho amato molto bassisti. Steve Harris degli Iron Maiden, Billy Sheehan della David Lee Roth band e dei Mister Big e Stu Hamm che ho conosciuto grazie al suo lavoro di turnista con Steve Vai e Joe Satriani (oltre che per i suoi dischi da solista). Più in generale ho seguito con molto interesse band come i Judas Priest, i Black Sabbath e gli Iron Maiden, ma anche tanti altri gruppi della scena heavy rock americana.
Mi sono successivamente avvicinato al sound di derivazione afroamericana e ho, anche in questo caso, avuto una serie di influenze a spettro piuttosto ampio. Ho approfondito il blues, il funky, rhythm and blues, la disco anni ‘70 e il rock precedente agli anni ’80. In questa fase i bassisti che mi hanno maggiormente ispirato sono stati Leo Lyons (Ten Years After), Andy Fraser (Free), John Entwistle (The Who), Bill Wyman (Rolling Stones), Donald Dunn (Booker T & MG’s, Blues Brothers). Ma anche Jack Bruce (Cream), Larry Graham (Sly and the Family Stone), Nile Rodgers (Chic), ecc.
Ho anche assorbito inevitabilmente l’influenza di molta musica a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. Musica di tutti i generi. Cito tre bassisti per me molto importanti: Sting (The Police), Muzz Skillings (Living Colours) e Flea (Red Hot Chili Peppers).
Negli anni avevo apprezzato molto la fusion di Weather Report (soprattutto i dischi con Jaco Pastorius al basso). Allan Holdsworth, Stanley Clarke, Mahavishnu Orchestra, Brand X, Al Di Meola, Paco de Lucia (che pur essendo un chitarrista flamenco ha giocato un ruolo importante nella world music di quel periodo) e di tanti altri. Nel momento in cui ho ritenuto necessario dare una svolta decisiva alla mia formazione ho deciso di iscrivermi alla Scuola Jazz Quarto di Genova. Da quel momento ho approfondito soprattutto il bebop e i contrabbassisti. Tra i miei preferiti ci sono: Paul Chambers, Ron Carter, Ray Brown (con cui ho anche avuto la fortuna di studiare), Scott La Faro, Eddie Gomez, ecc.
Per quanto riguarda il prog e la musica anni settanta che si è formata attorno a questo movimento, posso dire di esserci cresciuto in mezzo. Rappresenta il suono della mia infanzia e band come Goblin, Perigeo, Area, Banco, PFM, New Trolls, Antonius Rex, Napoli Centrale e Osanna mi scorrono nelle vene. Non sono da escludere molti compositori da colonna sonora come Morricone, Micalizzi, Frizzi e Cipriani che più o meno ho “incamerato” nello stesso periodo della mia vita.
Devo anche ricordare di avere acquisito molti condizionamenti dal cantautorato italiano che mi ha influenzato soprattutto nell’approccio alla scrittura dei testi. Da bambino, poi, ho ascoltato molta musica tradizionale genovese che ha, a sua volta, lasciato una traccia profonda.
Tutte queste sono state sicuramente influenze molto importanti, ma non sono esaustive. Dovrei parlare troppo a lungo per scendere in maggiori dettagli. Anche il punk, il post punk e tutti i generi che sono rientrati in questo calderone, ad esempio, hanno avuto su di me una certa importanza. Ho fatto ricerche sulla musica classica della Mitteleuropa dell’800, sulla musica caraibica e sulla musica popolare europea.
Qui mi fermo, altrimenti divento prolisso. Diciamo, per concludere, che ho approfondito molti linguaggi”.
Diego Banchero: Il Segno del Comando e… gli altri
Un’ultima domanda riguarda il new prog-rock e la scena internazionale di questo genere musicale. Tra i maggiori gruppi in Europa abbiamo band come i Big Big Train e i Flower Kings. Ti chiedo di dirmi quali sono le tue band preferite di questo genere?
“Devo ammettere che, con grande colpevolezza, ho accumulato molte lacune che spero colmerò nei mesi a venire con approfondimenti sul livello che potremmo definire “mainstream” di questo genere.
Nelle varie edizioni del 2Days Prog + One (Veruno\Revislate) ho avuto l’occasione di apprezzare alcune di queste grandi band anche dal vivo. Quest’anno ci saranno per l’appunto i Big Big Train nella giornata del sabato e sarò incollato sotto al palco!
La mia attività di musicista, combinata con tanti altri impegni, sottrae tempo agli ascolti e ho faticato a mantenere un quadro sufficientemente attendibile sugli sviluppi dei “piani alti” di questo movimento artistico.
Amo molto il sound italiano e continuo ad interessarmi a band della nostra scena (anche meno famose rispetto ai nomi che hai citato). Forse perché sono immerso in questo “piccolo mondo”.
Fatta questa premessa posso dirti di apprezzare moltissimo band come Änglagård, Anekdoten e Big Big Train. Nel contempo continuo a seguire con interesse la scena metal (nella quale Il Segno del Comando ha un buon numero di fans) e a mantenere un interesse generalizzato che non si limita al solo rock progressivo”.
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