Il Segno del Comando ha pubblicato da poco Il Domenicano Bianco, il sesto cd in studio della band. Diego Banchero, il bassista del gruppo, e i suoi compagni hanno già presentato il loro nuovo lavoro durante il festival 2 Days Prog + 1 a Veruno riscuotendo ottimi consensi. Da notare che questa edizione della kermesse comprendeva nomi particolarmente prestigiosi della scena rock prog mondiale tra i quali i Big Big Train, Pain of Salvation, Ozzy Tentacles, Unitopia… Concept album dal grande valore espressivo ed artistico, Il Domenicano Bianco si basa sul romanzo “Der Weisse Dominikaner” scritto dall’austriaco Gustav Meyrink. Questo nuovo lavoro conclude la trilogia della band su questo autore, dopo i due precedenti album dedicati ai suoi scritti.
Il Domenicano Bianco: i dettagli
Il Domenicano Bianco mostra il gruppo di Diego Banchero, che negli anni sta diventando sempre più punto di riferimento per gli amanti del genere rock progressive italiano ma non soltanto, al meglio della sua forma. Con la produzione affidata alla label genovese Nadir Music, quella fisica alla Black Widow Records e quella digitale gestita da Believe, Il Domenicano Bianco è uno di quei cd che non dovete assolutamente lasciarvi sfuggire. Ne abbiamo parlato con Diego Banchero, per farci dire tutto quello che vorreste sapere su questa nuova uscita e sulla storia de Il Segno del Comando. La band è composta da Diego Banchero: bass, Davide Bruzzi: guitars, keyboards, Roberto Lucanato: guitars, Riccardo Morello: lead and backing vocals, Beppi Menozzi: keyboards, Fernando Cherchi: drums.
Photos: Danilo Olivieri, Giorgio Allemanni, Maria Teresa Pace
Intervista a Diego Banchero
Il Domenicano Bianco esce a ben cinque anni di distanza da L’incanto dello Zero del 2018. Come mai ci avete messo tutto questo tempo?
Il Domenicano Bianco è stato realizzato durante il periodo del primo lockdown. Siccome le restrizioni impedivano una regolare attività live (che ritenevamo fondamentale per promuovere al meglio l’uscita discografica) abbiamo preferito rimandane la pubblicazione a momenti meno infelici.
L’Incanto dello Zero aveva riscosso un buon successo sia di pubblico che di critica. Cosa vi aspettate dal vostro nuovo lavoro?
Speriamo che le cose vadano altrettanto bene! Negli ultimi cinque anni la band è cresciuta molto e ha calcato palchi importanti. La visibilità è sicuramente aumentata. Crisi economiche permettendo, speriamo di poter migliorare progressivamente e che il nostro impegno venga premiato con una buona risposta da parte del pubblico e da parte della stampa di settore.
Ovviamente ogni uscita è un terno al lotto. I musicisti sono sempre convinti della bontà di un nuovo album, ma sono i riscontri del mercato e della critica a decretarne il risultato finale.
Devo ammettere che la risposta iniziale è stata particolarmente positiva. Questo fa ben sperare.
I brani de Il Domenicano Bianco
Chi ha composto la maggior parte dei pezzi che compongono il cd e quale è stato il tuo coinvolgimento come bassista?
Io sono il maggiore compositore della band. Oltre ad essere coinvolto come bassista curo sia la parte lirica sia la parte musicale; anche se, negli ultimi tempi, i contributi compositivi che giungono da parte di alcuni membri del gruppo sono sempre maggiori.
In questa circostanza ho scritto praticamente tutto io ad eccezione di un brano strumentale (per solo organo) composto da Beppi Menozzi e di una parte melodica su una mia composizione che è stata sviluppata da Davide Bruzzi.
C’e un brano del cd che ti è particolarmente caro?
Amo particolarmente un brano lento e molto melodico dal titolo “Ofelia”. Il motivo è molto semplice: penso si tratti di una delle migliori composizioni di tutta la mia carriera di songwriter.
Approfitto di questa domanda per menzionare un altro brano dell’album del quale sono particolarmente soddisfatto. Si tratta de “La Bianca Strada”. Quest’ultimo mi piace perchè ritengo che contenga degli stilemi compositivi originali e poco derivativi da influenze esterne.
Dove avete preso l’ispirazione per il titolo del cd?
Noi siamo appassionati studiosi dell’opera dello scrittore austiaco Gustav Meyrink. Negli anni abbiamo pubblicato altri due album dedicati ad altrettante sue opere (Der Golem 2002 e Il Volto Verde 2013). Con questa uscita volevamo chiudere una trilogia riguardante la bibliografia di questo autore.
Il Segno del Comando e il Diego Banchero Trio
Come riesci a conciliare i tuoi impegni con Il Segno del Comando insieme a quelli che hai con Il Diego Banchero Trio e a tutti gli altri tuoi progetti?
In effetti il lavoro è molto. Mi ritengo fortunato perché, a differenza di tanti altri musicisti, ho molte possibilità di suonare dal vivo e di fare dischi nuovi, ma non nascondo che, a volte, sento anche il peso della fatica e delle responsabilità che sono in aumento.
Il Segno del Comando e il Diego Banchero Trio sono comunque i miei progetti principali e l’affiatamento tra i musicisti è tale che tutto procede senza eccessivi sforzi. Si tratta anche di band che non rischiano di accavallarsi tra loro. Io, Fernando Cherchi e Roberto Lucanato, oltre a formare il combo del trio, siamo anche membri stabili de Il Segno del Comando.
Diciamo che, essendo proposte piuttosto differenti, non rischiano di farsi concorrenza; senza contate che il trio è agli inizi e per ora gli impegni sono abbastanza contenuti.
Il Segno del Comando tra passato e futuro
Qual è a tuo parere la differenza fondamentale tra il Domenicano Bianco e L’Incanto dello Zero?
Non mi è facilissimo trovare differenze sostanziali a livello di impostazione. Per certi versi posso addirittura affermare che siano due album gemelli.
Tutte le uscite discografiche de Il Segno del Comando, pubblicate ad oggi, hanno la particolarità di essere concept album, tuttavia nel primo periodo di vita della band le differenze erano sempre molte tra un album e l’altro. Si cambiavano radicalmente le line up, si seguivano metodi di lavoro molto diversi e si cambiavano gli studi di registrazione.
Questi ultimi due dischi, invece, sono stati realizzati dallo stesso studio (con lo stesso approccio e strumentazione) e dalla stessa formazione allargata di persone. Ormai abbiamo una situazione interna molto stabile.
La differenza maggiore riguarda il fatto che Il Segno del Comando ha prodotto, in piena autonomia, il master e la limited edition, affidando il resto della produzione, per la prima volta, alla Nadir Music di Genova (una label con cui si è creata, nel tempo, massima fiducia e affiatamento).
Avete in programma di portare in tour il vostro nuovo materiale?
Cercheremo di fare il maggior numero possibile di date, ma senza inflazionare la nostra proposta. Speriamo di portare la nostra musica in tutti i posti in cui possa essere apprezzata.
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